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L'ONDA regia di Dennis Gansel

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  01/03/2009 20:05:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Per quanto più convincente sul piano sociologico che su quello teoretico, "L'onda" è un'esperienza davvero unica: un film che gela letteralmente il sangue, per quanto possa sembrare pretestuoso pensare che il plagio delle coscienze possa verificarsi in un arco di tempo tanto ristretto... sarebbe auspicabile che certi governanti lo mandassero a memoria, prima di pensare alle ronde organizzate...
Il regista introduce elementi di novità: Rainer è quasi rassicurante nella sua figura autoritaria, ora militarizzata ora paterna, diventando vittima di un'idealismo che, in fondo, è soprattutto una forma di esasperante egocentrismo personale.
Aver ambientato una vicenda realmente accaduta negli Usa nell'Europa di oggi e precisamente nella Germania che odia "guardarsi indietro" (cfr. "Non possiamo sentirci in colpa per una cosa che non abbiamo fatto noi") può sembrare una soluzione furba, ma certamente ristabilisce la nostra immediata empatia con questa vicenda: lo spettatore si trova a subire tutt'altro che passivamente una forma di idealistico rituale emotivo che riesce quasi ad affascinare, ed essere soggiogati da questa forma cameratista e omologante di pensiero ci spaventa: se non subentrassero le parole del protagonista verso il finale (e il silenzio incombente ma alleviante della coscienza morale degli studenti) la nostra mente finirebbero per confondersi attivamente con la coercizione operata da Rainer e questo sarebbe traumatico per chiunque (non per tutti, ahimè).
"L'onda" esce a un anno esatto da "La scuola" di Cantet, anche se dovrebbe avere più punti in contatto con l'"Elephant" di Van Sant: al regista non interessa soffermarsi tanto sulla radicalità ideologica (che, posta in certi termini, conferma che esiste un solo confine dittatoriale, un'unico fine) quanto sull'uniformità di appartenenza, la condivisione di atti fideistici e l'abbigliamento comune, un rituale che abusa più o meno volontariamente delle debolezze o delle prove di forza di compagni e avversari (v. la mirabile sequenza nella piscina, prima dell'epilogo finale).
In questo contesto, il protagonista finisce per sottovalutare l'esito delle sue "dottrine" e finisce per scoperchiare le debolezze dei singoli (v. il giovane Tim che ricorda tanto il Sal Mineo di "Gioventù bruciata").
Purtroppo il film ha anche qualche caduta di tono, come quel finale che scivola, inspiegabilmente, nel grottesco o tenta di riassumere la logica del rischio privandosi della sua attendibile "imprevedibilità".
Resta comunque un'opera di notevole spessore, capace di innescare infiniti dibattiti e ottimamente recitata (da Vogel passando per l'attore islamico di uno dei migliori telefilm tv in programmazione, quello che passa su Mtv)
pier(pa)  02/03/2009 13:19:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi permetto di correggerti un refuso.
Il film di Cantet è "la classe" non "la scuola".
Ottimo commento come sempre comunque :)

Invia una mail all'autore del commento kowalsky  02/03/2009 18:05:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Eh grazie... evidentemente non l'avevo notato