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THE ADDICTION - VAMPIRI A NEW YORK regia di Abel Ferrara

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Woodman     10 / 10  19/10/2013 18:35:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Carico di male, sporcizia, pregno di scabrose auree e atmosfere dannate. Un terribile, scarnissimo, carismatico, essenziale film firmato Ferrara, nel suo inconfondibile stile catatonico, citazionista, libertino, rockeggiante, urbano fin sui puntini delle "i" nei titoli di testa e coda.
Malattia e morte, nichilismo e ossessione si intrecciano in questa brevissima, splendida odissea macabra. Il putrescente si sposa con il sublime, il raffinato va a braccetto col morboso, la ricchezza di invenzioni registiche si affida alla povertà di scene e mezzi. Tossicità e corpi conturbanti, un trattato di filosofia che concentra in 83 minuti il meglio del negativismo e reinterpreta la brutalità veritiera e struggente del simbolismo.
"The Addiction" ci presenta tutti i pregi dell'arte del trasgressivo e spudorato regista, che qui scatena un tragico vortice di spietatezza e nichilismo, quello nel quale è risucchiata la memorabile protagonista (Taylor), in seguito all'attacco della vampira Casanova (sensualissima la Sciorra, terrificante la sua doppiatrice).
"L'autoconoscenza è la distruzione del sè". Già. Siamo impossibilitati a conoscerci davvero, a meno che un evento sconvolgente, inumano, non ci sbarri gli occhi dentro il nostro buio. Cosa si vede? Poco e niente, o forse non lo si vuole vedere. L'essere umano è una pattumiera, un contenitore di vomito, ***** e malvagità. Bulimici, autolesionisti, inconsapevoli, malati sin dalla nascita. Peccatori, insomma. Redimersi è impossibile stando su questa terra. Un primo passo sarebbe allontanarvisi. Così si giunge, dopo una delirante orgia di sangue alla festa di laurea, al finale spiazzante e straordinario.
Vibra in continuazione di pessimismo, questa grande opera di Ferrara, che, come nella poesia di Baudelaire o in quella ermetica di Ungaretti, risuona di piani sequenza, di montaggi serrati, emblemi, rimandi, malinconie, orrori quotidiani, morte.

Qualcuno lo ha definito il miglior film sui vampiri mai realizzato, proprio per il coraggio e l'originalità che emerge dalle sue profondità indicibili. Il sangue, come la droga, diventa una malsana dipendenza. Il sangue dell'uomo, peggiore della droga, così marcio e velenoso. Il vampiro, seppure immerso nella contemporaneità e in atmosfere nuove, acquista la migliore identificazione di sempre, senza che nessun grande pensatore o cantore dei secoli o dei millenni passati venga offeso. Cacciatore, preda, drogato, ridotto al malessere e all'annichilimento per poter finalmente avvicinarsi alla luce della sua essenza. L'essenza dell'uomo, quest'uomo fragile e insoddisfatto, flebile, violento o insignificante.
Solo, ovviamente.
Per sempre uomini soli.
Entrare nella propria solitudine, vederla, sentirne il sapore, metallico e nero come il sangue, che scorre nelle vene come la solitudine scorre, e si inerpica, nel nostro universo nascosto, sino a circondarci con una barriera altresì nota come incomunicabilità, causa ultima dell'unica e irripetibile costituzione mentale e emozionale umana. Nessuna preconfezionata suggestione morta sul nascere in un film che pure ne offre miriadi, di autentiche, diverse per ogni spettatore, senza che lo si nasconda.

L'ottica femminile si addice assai al ritmo della narrazione e agli intenti dell'autore ( e del fido St. John), e il cast offre prove superbe, seppur limitate o brevi. Troviamo anche Walken nel ruolo del guru che ha imparato a contenere la sua dipendenza ossessiva (ma che straziante e dolente agonia) e la Falco (agli albori) che contribuisce all'epidemia.
Doppiaggio evitabile.
Uno spaccato sull'individuo e sulla società crudo e crudele. Tristissimo e commovente, oltretutto. Un'esperienza da vivere.
Per una volta in accordo col compiaciutissimo Mereghetti, posso proprio confermare il suo giudizio completo da 4 stelle, dove è ribadita l'assoluta intelligenza dell'opera, ormai una delle rare occasioni in cui si hanno fremiti e si prova stupore.
Ah, e tutta questa meravigliosa alchimia di universi ha durata inferiore all'ora e mezza.
Penso che non invecchierà mai.
Come non è mai invecchiato il simbolismo, come non è mai invecchiata la poesia, come non è mai invecchiata -nè mai ha smesso di riciclarsi o progredire- la *****.
Un capolavoro.