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IL VIAGGIO DI FELICIA regia di Atom Egoyan

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kafka62     6 / 10  10/02/2018 19:10:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"La sofferenza di un'altra persona può dare sollievo": è questa la filosofia di Hilditch, il protagonista de Il viaggio di Felicia, una moderna incarnazione dell'orco delle vecchie favole, un gentile e solitario giustiziere che, nel liberare dall'infelicità le sue vittime, sembra la versione nera delle vecchiette di Arsenico e vecchi merletti o di Monsieur Verdoux. Il ritratto di questo personaggio, pignolo e garbato, premuroso e compassionevole, con l'hobby di cucinare elaborate pietanze seguendo in video le vecchie lezioni in bianco e nero di una cuoca che altri non è se non la defunta madre, a lui legata in passato da un morboso e irrisolto rapporto edipico, questo ritratto – dicevo – è la cosa migliore di un film che dà troppo spesso l'impressione di essere girato "alla maniera di" (per la presenza ossessiva di flashback, telecamere e conflitti familiari). Irrigidito da una eccessiva freddezza e cerebralità, nonostante l'ambientazione originale e insolita (la periferia industriale di Birmingham), persino quando fa uscire allo scoperto il lato oscuro e criminale del protagonista non crea mai una vera e propria suspense (neppure nella sequenza della tazza di caffè drogato che cita letteralmente l'Hitchcock de Il sospetto). Egoyan pare preoccupato soprattutto di dimostrare che anche gli animi più subdoli ed efferati devono avere avuto una volta "un'anima purissima", ma l'idea del carnefice-vittima non è nuovissima al cinema (soprattutto nella versione "figlio traumatizzato da madre gelosa e possessiva") e il suo approfondimento in chiave psico-patologica funziona soprattutto grazie a un magistrale Bob Hoskins (che eguaglia per ambiguità la prova di Michel Blanc - Monsieur Hire e di Michel Serrault - Monsieur Arnaud di due famosi film degli anni '80-'90).