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TULPAN regia di Sergei Dvortsevoy

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  29/04/2009 16:44:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una terra di nessuno, la steppa evocata anche da Cechov, al cinema costringe lo spettatore occidentale a smarrirsi felicemente nella dimora del proprio sguardo positivista verso mondi lontanissimi.
Ma se avessi come vicino di casa Asa e la mia terra fosse il kazakistan rurale, credo che impazzirei di solitudine.
Vogliamo parlare del film tanto incensato dalla critica mondiale? Dal punto di vista tecnico meriterebbe il massimo dei voti: 10!!! Infatti l'espediente di Tulpan, fantasmagorica presenza/assenza dello schermo, chiusa nella propria nubiltà, nella verginità dello sguardo, è a dir poco fantastico...
e ovviamente questo tipo di film, anvisi al grosso pubblico, meritano di essere visti perchè aiutano a "vedere" il mondo, la vita, in modo diverso.
C'è quasi un clima da Jean Vigo asiatico in questi spazi sconfinati miscelati alla disco-music o alla Carmen di Bizet (la musica come trait d'union di mondi diversi) e il quel contrasto tra il rigore impellente/impotente dello spazio attivo quotidiano e il bisogno di abbozzare un sorriso o intonare un canto come "inno alla vita".
Ci sono immagini che straziano il cuore per la loro bellezza, come il gregarismo di Asa con gli animali quando fa partorire una femmina di agnello (la vita) o tenta, inutilmente e con vero disgusto, di rianimare bestie destinate a perire (la morte).
Gli amanti di un certo cinema, à la Kiarostami o Parazanov, tra cui ci sono anch'io, troveranno il film un'esperienza memorabile.
Ma...
Ma mi permetto ugualmente una riserva verso questo cinema per cui sembra facile disseminare poesia attraverso immagini che mirano a fare della semplicità umana, dell'umiltà arcaica, un simbolo di vasto respiro.
E anche l'idea che Asa possa aderire alla società occidentale restando fedele alle radici della propria terra, capace di coltivare sentimenti "puri" per chi rifiuta anche di vederlo, non è forse una contraddizione?
Comunque, dal nostro occidente non possiamo che beneficiare (virtualmente) di quel bisogno di spiritualità quotidiana che non avremo mai