Dom Cobb 5 / 10 15/08/2018 19:09:17 » Rispondi Uno sceneggiatore fallito, mentre è intento a sfuggire ai suoi creditori, si rifugia in una villa sul Sunset Boulevard che ritiene abbandonata; scopre ben presto che si tratta in realtà della dimora di una vecchia diva del cinema muto e del suo fedele maggiordomo. La donna, che vive in solitudine e isolamento, sogna il suo trionfale ritorno sulle scene e decide di ingaggiare lo sceneggiatore allo scopo; questi, più per la promessa della ricca paga, accetta. Sarà l'inizio di un'esperienza macabra... Curioso che, di tutti i lavori del malleabile Billy Wilder, noto maestro della commedia, quello additato da tutti come il suo capolavoro definitivo sia di genere praticamente opposto: di comico non vi è nulla, tranne che una corrente di sarcasmo che viene a galla di tanto in tanto, e per lo più le atmosfere sono tutt'altro che scherzose o leggere. Di questa sua fantomatica opera magna è stato detto molto, ma personalmente mi riesce impossibile parlarne senza metterlo a diretto confronto con un lungometraggio molto simile nei temi e uscito guarda caso proprio nello stesso anno: cioè "Eva contro Eva". Perciò, per quanto mi riguarda, potete considerare quella postata qui come una doppia recensione, valida per entrambi i film. I lavori di Wilder e di Joseph L. Mankiewicz sono davvero molto simili dal punto di vista tematico: infatti, tutti e due parlano di personalità dello show business, due attrici che ormai si sono lasciate alle spalle gli anni migliori e stanno lentamente svanendo o sono ormai già sparite del tutto, e di come questo inesorabile processo, che viene subito da tutti senza che possa essere fermato, le impatti a livello emotivo e umano. Simile è anche il modo di affrontare queste tematiche, mettendo al centro di tutto una figura centrale vista dagli occhi di quello che è, in fin dei conti, niente più che uno spettatore.
In "Eva contro Eva" abbiamo un'attrice di teatro che accoglie una sua grande fan come assistente per poi scoprire di essere stata ingannata e che la ragazza non è che un'avida arrivista a cui, però, è destinata la stessa sorte, il tutto tramite lo sguardo disincantato, cinico e ambiguo del critico DeWitt; in "Sunset Boulevard" si ha il caso specifico di un'attrice del cinema muto, che non si rassegna al modo in cui il medium sonoro ha spazzato via le sue speranze di una carriera e si ostina a chiudersi nelle sue personali delusioni che la portano lentamente alla pazzia, vicenda vissuta attraverso gli occhi scettici e frustrati dello sceneggiatore Joe.
Il vero motivo, però, per cui ho messo a confronto questi due film va oltre il fatto di aver notato le similarità dopo essermeli guardati, tutti e due per la prima volta, in due serate consecutive; il fatto è che, senza neanche bisogno di ripensarci sopra, uno dei due film sfigura nettamente paragonato all'altro. E il prodotto inferiore è proprio questo "Sunset Boulevard". Partiamo dal fatto che entrambi i film beneficiano di una qualità tecnica eccelsa, il che non sorprende visto che sia Wilder che Mankiewicz rappresentano una parte considerevole di quanto c'era di meglio all'epoca in quel di Hollywood, e sotto questo aspetto "Sunset Boulevard" acquista punti per una messinscena che vira decisamente verso il gotico rispetto alla sua controparte, che invece si mantiene su un piano più intimo e realista. Ma il problema arriva come sempre nei contenuti e nella loro esecuzione. L'inferiorità del film di Wilder consiste non tanto nella scelta del tema o del mondo in cui ambientarlo, anzi: a un'occhiata superficiale l'ambito del cinema potrebbe rendere l'intera vicenda assai più interessante, vista la sua maggiore popolarità presso il pubblico, specialmente quello odierno. E infatti non mancano le varie strizzate d'occhio verso il pubblico,
I cammei di personalità importanti (fra le quali Buster Keaton) si sprecano, e si riesce perfino a infilare i veri studi cinematografici in una sequenza, con tanto di Cecil B. DeMille, interprete di sé stesso, intento a girare un film che sarebbe uscito solo pochi mesi prima di quello di Wilder. Roba da andare in brodo di giuggiole.
così come l'emergere di un certo lato oscuro che non dev'essere andato giù a molti: la tendenza a volersi scrollare di dosso tutto ciò che non funziona o non va più di moda, condannando di fatto decine, centinaia di bravi attori e loro consimili a una vita di oblio, è un aspetto che raramente viene toccato, e il film mostra un grande coraggio e una grande umiltà nel volerlo affrontare a viso aperto. Il fatto è che Wilder calca troppo la mano sull'aspetto melodrammatico della vicenda, e gran parte della colpa è da imputare al personaggio dell'attrice. Il suo ruolo è troppo mentalmente ed emotivamente insano e l'interpretazione della Swanson troppo enfatica, stralunata e sopra le righe per appassionare o spingerci a provare una qualche simpatia per lei, visto che gran parte delle sue delusioni derivano palesemente dal suo ego smisurato e dal suo orgoglio e non da come il mondo esterno (non) la maltratta. William Holden le tiene testa come può, ma alla fine risulta troppo passivo per i miei gusti. L'unico a salvarsi è il maggiordomo di Erich Von Stroheim.
Il personaggio del marito che si ricicla come maggiordomo per la donna che ama e che forse, nei suoi vaneggiamenti, neanche lo riconosce più, è talmente intrigante da farmi desiderare che il film avesse riguardato lui.
Per il resto, la maggior parte del film è affossato da un ritmo pachidermico che rende le due ore di durata un'impresa da sopportare, complice anche quel tono melodrammatico cui avevo accennato prima, e la fine arriva più con sollievo che con coinvolgimento emotivo per la sorte dei protagonisti; d'altronde, considerati i trascorsi di Wilder nel genere noir, è anche possibile che gran parte della mia delusione derivi da aspettative tradite, visto che non ero neppure certo di che genere di film mi sarei visto. Le musiche sono dimenticabili, anche se azzeccate per l'atmosfera. Alcuni di voi potrebbero risentirsi del basso voto e delle critiche lanciate, ma a tutti loro, oltre a ricordare della soggettività delle opinioni, rispondo che gran parte degli stessi elementi sono presenti nel coevo "Eva contro Eva", e vengono affrontati in maniera di gran lunga più interessante, e questo sebbene il film in sé non appartenga neanche a un genere che mi piace. La sceneggiatura possiede una fluidità maggiore e una qualità dei dialoghi superiore, interpretazioni molto più sentite (con buona pace della Swanson, ma fra lei e Bette Davis c'è un abisso) e il contesto teatrale, privo di riferimenti precisi, aiuta a rendere il tema più universale e meno ristretto a un unico ambiente. Il famigerato capolavoro di Billy Wilder è un'opera tecnicamente decorosa, con una eccellente idea di base e qualche buono spunto, ma in fin dei conti solo un tentativo riuscito a metà, e secondo me è di una stoffa completamente diversa da quello che, fra i due, ritengo essere il vero capolavoro.