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KARDIOGRAMMA regia di Darezhan Omirbayev

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Josh84     7½ / 10  20/10/2019 13:59:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Cinema kazacho, questo sconosciuto. Uno spettatore che fa la sua primissima incursione con un film prodotto nell'"estremo" Est, fin dai primi minuti durante la visione de "Kardiogramma" potrebbe domandarsi:
--- Ma che kazacho sto guardando? ---
Oh stiamo parlando di Darezhan Omirbayev uno dei registi più influenti dell'ex Unione Sovietica, o meglio del Kazakistan di che gira un film dalle venature fortemente autobiografiche, un film fortemente voluto dal director in questione.
Si può pensare, in sostanza, come un remake di Kaırat . Un remake, con un bambino protagonista anziché un ragazzo sui vent'anni, il girato a colori che sostituisce il precedente Black & White, una struttura narrativa più accessibile e un utilizzo del simbolismo filmico più comprensibile.
Un'ironia che ho notato: "Kaırat" ha un titolo kazako e usa dialoghi esclusivamente russi; mentre "Kardiogramma" c'ha un titolo russo ed utilizza una combinazione di dialoghi sia kazaki che russi.
Fin dai primi minuti facciamo la conoscenza di Jasulan che risulta a tutti gli effetti un solitario, per natura e per circostanze, proveniente da una "landa" desolata. Nel suo habitat naturale, praticamente sperduto, le pianure della campagna sono spazi enormemente aperti. Un contrasto non piacevole diventa presto evidente con il suo posto di esilio: un sanatorio, in sostanza un edificio freddo e debolmente illuminato popolato da bambini che parlano una lingua diverso, un luogo per convalescenti, non è diverso da altri tipi di istituti, ad esempio un collegio. Parlare di cameratismo sarebbe un eufemismo, parlare invece di bullismo direi che l'elemento si incasella perfettamente.
Il voyeurismo sembra essere uno degli elementi primari per non parlare di quell'introspezione che risulta impossibile non notare. Per Jasulan, che è esiliato in più di un modo, tenuto in isolamento tra pari culturalmente diversi che parlano solo russo, via via si assististe a un netto contrasto tra l'esistenza apatica delle steppe kazache ad una fredda istituzione cittadina.
Infatti, a tal proposito, è possibile tracciare un confronto: una steppa sembra uguale all'altra, mentre al Sanatorio i corridoi e le scale si ripropongono. E dove conducono è difficile dirlo. Magari si potrebbe ipotizzare verso altri corridoi o scale. La doccia è sotto sotto l'unico luogo "catartico", ed un inizio per la pubertà per Jasulan visto che trova modo di spiare le donne nude grazie ad una crepa, soprattutto una giovane infermiera di cui sembra essersi infatuato ed attratto.
Quindi, per il ragazzino, oltre ad adattarsi al Sanatorio, il film parla della crescita e dell'identificazione.
Jasulan, percepisce la bellezza che lo circonda con i suoi occhi. Per lui, sbirciare una donna nuda sotto la doccia equivale ad ammirare quasi poeticamente l'immagine di una donna nuda in una riproduzione di un nudo artistico su una rivista. Non c'è posto per la volgarità, il cinismo e la pornografia. Omirbaev entra silenziosamente ma imperiosamente rafforzando l'effetto visivo con una narrativa fuori dallo schermo sulla comprensione della bellezza nei trattati filosofico e non viene esplorata una vera e propria distinzione tra amore e risveglio sessuale.
Il lungometraggio non ha molti dialoghi, ma visivamente è dettagliato. Jasulan è una specie di prisma o meglio una lente d'ingrandimento attraverso la quale anche lo spettatore vede i dettagli minori in maggiori.
A livello formale, "Kardiogramma" risulta estremamente raffinato. Secco, dai colori quasi tediosi, ritmo lento unita ad austerità che sottolinea un contesto globalmente non proprio spensierato dove si va avanti per inerzia.
Kardiogramma dispone di una parabola più grande di quel che si pensa e naturalmente più oscura: La capitale ex sovietica di una nazione diventata da poco indipendente (visto che stiamo parlando di un film datato 1995) che transita in un difficile passaggio. C'è una sorta di estraniamento sostenuto in un ambiente che privilegia la lingua russa. Tutto sommato, il film di Omirbaev è una storia di alienazione, un ritratto dell'apparente dicotomia tra spazi urbani e rurali.
Di conseguenza, la narrazione rimane libera, senza agire in modo arbitrario. Un'ambivalenza simile circonda le figure sempre circondate da un'aura indefinita in un film in cui le parole sono spesso sostituite da sguardi narrativi, difatti ci sono sequenze che non possono essere completamente decifrate.
Lo stile di Omirbayev è laconico, dispone di un sobrio realismo e liberato da qualsiasi espediente messo in scena. La stilizzazione deriva principalmente dalle omissioni e dalla focalizzazione su singoli elementi. Basta prendere in esame la zuffa tra Jasulan e uno dei bulli, che il regista decide di non mostrare.
L'atmosfera unita ai singoli suoni isolati che accentuano gli eventi sullo schermo e vengono riproposti più e più volte: gli schizzi del flusso di urina, il cigolio di una porta o una distorsione che danno ulteriore idea della natura del film.
In conclusione il film è da visionare, ma non è uno di quei prodotti da "divorare" assieme ai pop corn, ci si deprime però sgancia riflessioni non da poco visto.

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