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SUSSURRI E GRIDA regia di Ingmar Bergman

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JOKER1926     7½ / 10  01/02/2014 17:01:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ingmar Bergman ha viaggiato sempre su linee poco addomesticabili, le operazioni di Bergman si avvalgono di una costruzione avanzata che esibisce la propria sostanza lontano dalle consuetudini e da tutte le prassi del caso.

"Sussurri e grida", insieme ad altri assoluti esempi del regista svedese, sposa le forme e i contenuti dell'enunciato appena scritto. Il plot come spesso accade è un sensazionale incipit che dirama le tematiche in angoli bui della mente, iniziano le riflessioni. Meravigliosa manipolazione di consensi che si consuma anche in una lavoro di camera, fra primo piano e campo controcampo, ad altissime intensità.

Il film del 1972 prende sembianze vitali da una trama abbastanza chiara e circoscritta: una donna sta per morire, al suo capezzale giungono le due sorelle. Come la trama anche lo spazio scenico si riduce (esaltandosi) in una lussuosa abitazione ove i personaggi coinvolti sono ben pochi, ma tutti decisivi.
Il grande lavoro nel frangente è svolto ai massimi livelli da una sceneggiatura profonda e sensazionale che pone in primo piano il simbolo e quella sofferenza più sentita che vista; in pratica Bergman colpisce in più modi, con sottigliezza.

"Sussurri e grida" alberga in un clima spettrale ove una fotografia diabolica, attorniata da colori simbolici, scatena un inferno di sofferenze e di amore. Ma le grandi e terminali macchinazioni che rendono munifico il prodotto si registrano verso la fine ove sale in cattedra la metafisica; le sequenze diventano spaventose e lo spettatore rimane incredulo. In questi precisi istanti "Sussurri e grida" si scrolla dalle spalle ogni circoscrizione di genere per volare nell'inesauribile di un disegno così grande da non trovare collocazione teorica. Si carpisce il significato, appare fin troppo chiara la proiettività di pensiero del regista. Agnese, vedere la sequenza dell'altalena, è il fulcro del concetto, le frasi finali sono decisive; il tema che vive nell'animo del film è l'amore. Ma tale sentimento nascosto vive esperienze strane e suggestive. In una carrellata di flashback e di inenarrabile cupidigia traspaiono altre sensazioni, poco positive…

"Sussurri e grida", la prosa

Volendo, infine, procedere in chiave quasi "analitica" scomponiamo il pensiero di Bergman.
La storia, al di la di una confezione simbolica e quasi surreale, vuole mettere in primo piano le sofferenze dell'animo e al contempo ciò che di buono un'anima, al termine della propria esistenza, può emanare.
Il clima della famiglia di Agnese è pesante, sono più le formalità che le confidenze a scandire i momenti, fra silenzi e pensieri.
La luce della pietà appartiene ad una domestica di nome Anna. Sarà questa ultima ad immolare la propria passione per un altro essere vivente, un essere umano. Ossia Agnese.
Le simbologie, cioè l'orologio, metafora del tempo che scandisce i momenti passati e presenti e dunque severo maestro di una fine che sta per venire; e i colori (rosso, nero, bianco) sono gli ingredienti che contornano le forme del prodotto. Ma la simbologia per antonomasia si ricava, dalle affermazioni (poche in effetti) della donna in fin di vita.
Assurdo e speciale un finale che indirizza tutto e tutti nella più pura metafisica, l'amore lacrima amore e non è abbracciato, non è assorbito.
"Sussurri e grida" vomita veemenza e decadenza in un contesto spettrale, drammatico e totale. Siamo alla corte di un film che non vive solo in un pezzo di realtà, bensì il lavoro di Bergman conduce il proprio tragitto in un ambiente onirico e agghiacciato. Film di psiche.

JOKER1926