Dom Cobb 8½ / 10 03/12/2018 18:25:37 » Rispondi Un gruppo di scalcinati ladruncoli si mette insieme per rapinare la cassaforte del Monte di Pietà a Roma; si assicurano perfino i servizi di un esperto in materia come consulente, per fare in modo che tutto vada come previsto. Gli esiti invece saranno tragicomici... Mai è esistito, né mai esisterà un genere filmico così intrinsecamente legato al suo paese d'origine come la commedia all'italiana, di cui già il nome dice tutto: il suo abile mischiare di atmosfere divertenti e drammatiche, il sottile cinismo al di sotto della superficie fatta di risate e il modo in cui riflette e discute certi aspetti della realtà sociale del paese ne hanno fatto uno dei punti forti del cinema italiano vecchia scuola e, a mio parere, del cinema in generale, sebbene proprio per tutti questi motivi il genere sia fortemente limitato a un pubblico di soli italiani; dubito che esso avrebbe lo stesso tipo di impatto su gente di qualsiasi altra terra o nazione, anche se si può dibattere su questo. Il film del genio Mario Monicelli viene spesso considerato come l'apripista del genere, una sorta di passaggio del testimone dalla commedia più goliardica e leggera di Totò a una più socialmente rilevante e, per certi versi, matura (non è casuale la presenza dello stesso Totò nel ruolo secondario dello scassinatore esperto); ma francamente, anche facendo a meno di sottotesti e discussioni tematiche, "I soliti ignoti" funziona alla grande anche come puro e semplice film d'intrattenimento. La sceneggiatura è brillante, i membri della banda di ladri uno più memorabile dell'altro e gli attori messi in campo un fior fiore dei talenti dell'epoca come Mastroianni, Carotenuto e Salvatori, a cui si affiancano in maniera efficace un Vittorio Gassman agli esordi ma già pimpante come non mai e la giovane Claudia Cardinale. A contendersi la scena con loro un folto gruppo di simpatici caratteristi che a tratti rubano la scena,
Come dimenticarsi del mitico Capannelle che prova a spingere la porta del frigo anziché tirare o del siciliano "Ferribbotte" gelosissimo della sorella?
e il tutto coronato da uno stuolo di battute e situazioni ormai divenute leggendarie e fonte inesauribile di risate.
"Bel piano... me piace!" "Aoh, e 'ndo vai?" "Esco. M'hanno dato sei mesi con la condizionale!" "Ma come s'apre questo affare?" "Ecco, lo vedi lo scassinatore? Devi tirare!" "So' proprio boni!" "Sai, io giusto un goccetto d'olio in più..."
A impedirmi di dare un voto massimo sono comunque alcune incertezze nella sceneggiatura e in particolare nello sviluppo di alcuni tronconi della storia, così come l'utilizzo, sebbene sporadico, di improvvise parentesi drammatiche che poco hanno a che vedere con il resto e spuntano fuori dal nulla, una cosa che a Monicelli riuscirà con maggiore successo l'anno seguente con "La grande guerra".
L'intera sottotrama di Cosimo che cerca vendetta contro i protagonisti all'inizio sembra che avrà un certo peso nella vicenda, ma poi si risolve in un nulla di fatto, con la scena dell'incidente d'auto ed annesso funerale; una parentesi che non mi è mai sembrata ben integrata con il resto.
Comunque si tratta di inezie: il ritmo è veloce e le due ore di durata scorrono via in fretta una volta tanto, sebbene in sé qualche taglio qui e là si sarebbe potuto fare senza arrecare troppi danni. In definitiva, una pietra miliare del suo genere e un pezzo di storia del cinema da ricordare, pur con le sue piccole imperfezioni.