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IL SETTIMO SIGILLO regia di Ingmar Bergman

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Harpo     10 / 10  03/01/2007 00:37:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Forse sono ancora un po' sfasato, ma credo che "Il settimo sigillo" non sia, come da molti detto e scritto, un film sulla Morte, bensì un film su Dio. La Morte è la protagonista del film, ma non il soggetto. In effetti il sinistro mietitore è il mezzo con cui Bergman ci vuol far arrivare al "fine". Ingmar, infatti, tramite "Il settimo sigillo" riflette sull'esistenza di Dio, fornendo tanti "pareri", ma ben poche risposte. E' così che diventano fondamentali i co-protagonisti del film: Antonius Blok, il cavaliere che non sa più cosa credere; Jons il suo scudiero senza fede; Jof il comico veggente... Ognuno di questi personaggi ci espone una propria visione sull'esistenza umana e su quella divina, senza mai rispondere realmente alla domanda cruciale: chi è Dio? Fino ad arrivare al finale assai ermetico, che lascia aperte le considerazioni allo spettatore stesso.
Forse, però, cercando di soffermarsi un po' su alcuni rimandi simbolici, si potrà notare che Bergman sembra voler fornirci una sua interpretazione personale: Dio esiste eccome anche se è triste, quasi disperato. Il regista ci raffigura sempre il crocifisso in una posa assolutamente distrutta e, sopratutto, urlante: il Cristo sembra quasi che voglia "discostarsi" da ciò che ha voluto salvare. Egli non sta soltanto gridando per il dolore che prova sulla Croce: egli prova dolore per LA Croce. L'ambientazione medioevale, infatti, non poteva che essere più azzeccata di così, per quanto concerne le conclusioni che Ingmar vuol trarre: i villaggi sono desolati, la popolazione è ignorante e la gente è quasi meschina (molto significante il passaggio in cui Jof è costretto a umiliarsi sul tavolo). Sembra una terra senza Dio, ma in realtà Dio c’è ed è disperato. Questa, se vogliamo, è una realtà ancor più tragica rispetto all’ipotesi di un’assenza divina.
Spendendo poi due parole sulla regia di Bergman si possono trarre due considerazioni fondamentali:
1. La "mise en scene" è decisamente teatrale: Ingmar sembra quasi che voglia rappresentarci il suo film come una tragedia, raccontandoci la vicenda in toni decisamente drammatici (quando non tragici), ma infarcendo il tutto con qualche uscita umoristica (straordinaria la scena in cui la Morte inizia a segare l'albero);
2. Lo stile di Bergman è decisamente sobrio: moltissimi stacchi, camera mai in movimento e una grandissima quantità di primi piani. Non mi stancherò mai di ripetere che di tecnica non ci capisco gran che, ma non credo di dire cavolate quando ammetto che lo stile di Bergman è agli antipodi rispetto a quelle di Welles.
Nella sua incredibile semplicità "Il settimo sigillo" rimane forse uno dei film più complessi e inquietanti mai diretti, che influenzerà poi moltissimi registi. Certo è che comunque "Det sjiunde inseglet" non può considerarsi un film per tutti: se avete l'intenzione di guardarvi un'opera d'arte non vi si presenteranno problemi, ma se al contrario credete di guardare un film in cui la Morte va in giro a far scoppiar per aria le persone, noleggiatevi pure "Terminator"...