NNIICCKK 8½ / 10 17/01/2006 10:50:34 » Rispondi Parla della “sporca” guerra del Vietnam. Sporca non perché i soldati che ci fanno vedere sono laceri, vivono in campi base luridi e afosi, combattono in una giungla che nulla a che vedere con la romantica giungla delle avventura di Salgari. Ma sporca perché, insudicia gli animi e corrompe gli ideali. Sporca perché come tutte le guerre non ha ragione e molto sangue scivola tra il fango. Sporca perché tutti sono vittime di guerra.
Per chi non l’avesse mai visto, ecco un po’ la trama. Un soldato scelto (Fox), che parte dagli Stati uniti lasciandosi alle spalle moglie e bimba, un giovane che crede negli ideali che quella guerra vuole difendere, parte e ben presto comprende che è più facile arruolarsi nell’esercito che tornare a casa con un biglietto in mano. Non ricordo i nomi dei soldati nel film, ma potrebbero essere qualsiasi che tanto non cambia. Qui farà parte di uno squadrone comandato dal sergente ormai a fine periodo Sean Penn e da altri cinque. Partecipa ad una prima azione e quasi ci rimette la pelle se non venisse salvato da questo sergente… Poi arriva il cambiamento. Browning, un nero amico del sergente viene ucciso a tradimento in un momento di riposo e il sergente cambia percettibilmente. Durante un'azione in un villaggio, rapiscono una vietcong (Thuy Thu Le) e la violentano. Il buon soldato scelto prova a ribellarsi, ma deve decidere se vivere o cadere. E come agire una volta ritornato al campo base… Questo film, più per la guerra in sé o l’azione in sé è valido per i dialoghi e alcune figure che mi hanno catturato. 1) Pioggia. Verso sera. Sean Penn va a richiamare Fox allontanatosi per ordine mentre gli altri abusavano della prigioniera. Primo piano su Fox. Le gocce che scendono sul suo viso e lo sguardo sofferente e deciso. Wow. 2)Il buon soldato che parla al suo diretto superiore per denunciare l’accaduto in battaglia. E la risposta del suo superiore. “Non si può andare contro il sistema”, “Così vanno le cose nel campo di battaglia”. Sì, sa la guerra e cosa sporca e sporco si diventa tutti. Certe cose bisogna ignorarle per far andare avanti il sistema… 3) Il buon soldato che parla con un amico fidato dell’accaduto mentre le pattuglie si stanno spostando. Dietro a loro un pivellino spaesato che ha perso la sua squadra, chiede informazioni, vuole un parere, si vede che è scosso, che sta male e ha paura. Loro dapprima lo ignorano, poi lo invitano ad andare in cerca della sua squadra. Il pivellino esce dall’inquadratura e passano alcuni momenti. Poi un’esplosione: il pivellino è saltato. L’amico dice “Povero stupido pivellino”. Il buon soldato risponde “Questa stupida guerra ci sta dando alla testa”. Indifferenza verso la sofferenza, ci si crede superuomini col diritto d’essere cinici perché si sopravvive, ma in realtà tutti erano lo stupido pivellino impaurito. Sono solo fortunati. 4)Nel bar, dopo l’ennesimo rifiuto di procedere contro i suoi criminali commilitoni. Al buon soldato ubriaco fradicio si avvicina un cappellano. Gli chiede di raccontare la sua storia. “Non sono stato capace, signore, di fermarli” La colpa di non aver fatto qualcosa contro loro sacrificandosi. E’ giusto? Moralmente è giusto sacrificare se stessi per un ideale di rispetto della vita umana pur essendo in guerra, contro un altro ideale presso cui si è fatto giuramento, quello di fedeltà, di lealtà verso l’esercito? Soprattutto, la colpa di aver fatto qualcosa ma non abbastanza: come affrontarla, come venirne fuori? 5)Il finale. Autobus. Stati Uniti. Il buon soldato si risveglia. Vede una vietnamita seduta poco avanti a lui. La fissa e quando lei dimentica un foulard la segue giù, in un prato verde. “Le ricordo qualcuno?”, fa lei. “Sì”, lui risponde. “Ha fatto un brutto sogno?” “Sì” “Ora è passato” Lei se ne va e anche lui esce di scena. Poi l’inquadratura si sposta in alto sul prato verde. Si vede un sole fresco, gente che cammina disordinata e, in fondo, la città. L’opposto della guerra, l’opposto del Vietnam. L’opposto di quel incubo dal quale si è appena risvegliato il buon soldato. E per contrasto, gli Stati Uniti diventano la realtà – sogno.
Un buon film, che ripeto, merita non per l’azione ma per le idee della sceneggiatura e le domande che pone. La regia è di Brian De Palma, l’anno è 1989.