caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

LE CONSEGUENZE DELL'AMORE regia di Paolo Sorrentino

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
kafka62     8 / 10  12/05/2018 18:59:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Titta De Gerolamo è un uomo di mezza età che vive da otto anni recluso in un albergo del Canton Ticino. La sua vita si svolge, giorno dopo giorno, invariabilmente, entro il perimetro claustrofobico della sua stanza, dove trascorre interminabili notti insonni, e la hall dell'hotel, dove osserva pigramente e senza alcuna curiosità l'andirivieni della gente intorno a lui. L'unica sua occupazione è trasportare una volta alla settimana una valigia piena di soldi presso una banca, dove impiegati ossequiosi e zelanti contano le banconote una a una sotto ai suoi occhi ("Bisogna avere fiducia negli esseri umani" risponde laconicamente al funzionario che gli chiede perché non vuole farle più agevolmente contare dalle apposite macchinette). In realtà Titta dimostra di avere ben poco interesse per il genere umano: i rapporti con i suoi familiari in Italia si limitano a sporadiche telefonate, alle quali peraltro i destinatari dall'altra parte del filo non sembrano avere molta voglia di rispondere; la visita del giovane fratellastro è accolta con freddezza se non addirittura con malcelato fastidio; i tentativi di approccio cordiale da parte dei clienti e del personale dell'albergo sono degnati a malapena, quando va bene, di qualche parola di circostanza bofonchiata a mezza voce con aria distratta e annoiata; gli ultimi contatti con l'amico del cuore risalgono a vent'anni prima. Il protagonista è sotto tutti i punti di vista un uomo arido, privo di emozioni, prosciugato dalla vita, una sorta di cadavere anzitempo, e il regista Sorrentino è bravissimo ad accentuare il carattere funereo di questa prima parte del film con immagini ripetitive e asettiche, depurate di qualsiasi emozione e suspense (anche laddove la trama fa scoprire allo spettatore i segreti di Titta, vale a dire il suo essere un eroinomane e un corriere della mafia). Il destino è però immancabilmente in agguato. Nonostante la sua tenace, maniacale volontà di non farsi coinvolgere da nulla e da nessuno, e nonostante abbia diligentemente scritto nel foglietto dei suoi progetti per l'avvenire la frase "non sottovalutare le conseguenze dell'amore", è proprio l'improvvisa e imprevedibile passione per una giovane cameriera a mandare la vita di Titta a gambe all'aria. Di colpo la sua esistenza acquista un senso nuovo ed importante. Mosso per la prima volta da un sentimento autentico, Titta compie finalmente delle scelte, anche se ormai è troppo tardi, i suoi legami col passato non possono più essere recisi e la sorte lo conduce passo dopo passo, inesorabilmente, come in una specie di tragedia greca trasportata ai giorni nostri, a una morte terribile e spaventosa.
Il capovolgimento dell'anticlimax per lungo tempo dominante nel film rivela un meccanismo ad orologeria di raffinata precisione. Come il non dimenticato Mr. Hire del romanzo di Simenon (e del film di Leconte), Titta investe interamente se stesso nel rapporto con la ragazza di cui si è implausibilmente innamorato, rischia il tutto per tutto come un giocatore d'azzardo e, dopo aver perso

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER, si consegna volontariamente al regolamento dei conti con la mafia, non prima però di aver compiuto il suo primo e ultimo atto autenticamente morale, ossia riscattare la cattiveria di cui era stato protagonista qualche giorno prima quando aveva ferocemente umiliato una anziana coppia di aristocratici ridotti sul lastrico attraverso la consegna della valigia milionaria che aveva rocambolescamente rubato ai suoi datori di lavoro. In tal modo assistiamo a un paradossale capovolgimento di scena: Titta, dopo avere vissuto tutta la vita come un morto, muore in seguito all'unico atto vitale che finalmente si è deciso a compiere. Dopo avere a lungo raggelato la messa in scena, Sorrentino porta così a vette di malinconica e nostalgica tragicità un'opera che rivela (oltre a un interprete, Toni Servillo, perfetto nella sua controllatissima e virtuosistica inespressività) una stupefacente qualità fotografica e di montaggio, una capacità di stilizzare le immagini (l'inquadratura su cui scorrono i titoli di testa) e di comporre sequenze originali (il piano sequenza che perlustra in tutte le direzioni il volto del protagonista quando lo vediamo drogarsi la prima volta) che non ha eguali nel cinema italiano, e infine una sensibilità cinematografica (fatta di ritmo, di attenzione ai dettagli, di costruzione delle atmosfere) tale da conferire ad ogni fotogramma una valenza quasi metafisica.