caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

ANTICHRIST regia di Lars Von Trier

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
pier(pa)     8 / 10  26/05/2009 19:57:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Giudicare l'opera di von Trier è qualcosa di piuttosto complesso, e forse il tempo è acerbo osservando i pareri completamente opposti (ma a cannes assolutamente uniformi) sia fra critici che fra spettatori.

Quel richiamo alla naturalità, alla radicalità del male nel mondo, all'oltremondo potremmo dire, è qualcosa che coglie più il senso e la forza della pellicola che non le spicciolate critiche e recensioni, dove si parla di diavolo e anticristo.
Von trier ha presente la bibbia, il peccato originale, e una certa ermeneutica del testo, questa è un'ovvietà.
Premetto un personale apprezzamente per una tecnica registica che ho trovato sublime, totalizzante, concepita su un'unità perfettamente raggiunta di fotografia, musica, scenografia, ripresa, montaggio.

Che dire dell'abisso psicologico in cui siamo tirati, in virtù di una sceneggiatura buona, e di una capacità rappresentativa, immaginifica eccellente.
L'uomo razionale, e la donna folle, con il richiamo ad una misoginia filosofica di fondo. Trier mette capo alla donna come a questo venire meno del mondo, forse a questo superarsi, fin dove il male è proprio la coscienza, consapevolezza del suo esserci. Non è un caso che la donna parli de "La natura è la chiesa di Satana" e l'uomo sottolinei (in opposizione, o meglio in un tentativo di comprensione) che "quello che la mente può concepire e credere lo può raggiungere". Tutti e due hanno ragione, ma questa(la ragione) resta importante per l'uomo, sofferente, torturato, ma infine assassino (consapevole), e non per la donna, peccatrice ineluttabile, che del pensiero se ne fot.te. L'odio della Gainsbourg è un odio presente; essa ha incarnato quel male assoluto che è già lo stesso amore che provava per il figlio. E' un odio che passa per la sua necessità, radicalizzandosi, trasformandosi in un odio di sé, per sé. Ma è l'uomo ad uccidere, potremmo dire quasi accecato dalla verità.
La donna che si scaglia contro il suo sesso, e quello del compagno è questa volontà annientatrice, questa consapevolezza della vita come morte, della misera schiavitù che è la natura, perfettamente rappresentata dalla sessualità e dalle fasi erotomani della donna.
Emerge così una follia della comprensione rilevante, in cui tutto viene meno, e costituisce quello è il "regno del caos" (per dirla con la volpe "il caos regna").
L'uomo trema di paura per quello che sta emergendo, ignorando le sue stesse visioni (la volpe che si cannibalizza, il cerbiatto che partorisce il cucciolo morto); la donna è quella paura; è la carne di quella paura. In fondo il film di Von Trier è qui. Nell'uomo come pensiero della vita e nella donna come vivere della vita. Ma se la donna arriva (o torna?) a vivere la vita come quella totalità estranea al bene, al male, all'amore, all'odio allora abbiamo lo squarcio della vita. Squarcio inevitabilmente insopportabile, perchè consapevole, raggiunto. Squarcio al di sotto del quale, in fondo, von Trier ci ha fatto trovare lo zero stesso dell'esistenza.

Ma in un modo che, ci tengo a sottolinearlo, non posso premiare del tutto. Sia per l'accennata questione del tempo, sia per qualche limite che emerge da questa rappresentazione. Forse c'è un limite ulteriore che Von Trier poteva superare...e forse non l'ha fatto, o non l'ha colto.
§LifegoesoN§  30/05/2009 13:07:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Chapeau.
Bathory  26/05/2009 20:19:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
applausi al miglior commento di filmscoop riguardo questo delirio su pellicola..