caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

MARS ATTACKS regia di Tim Burton

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
amterme63     8 / 10  26/10/2009 22:24:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Burton ci consegna un’altra divertente, cattiva e irrespettosa satira della società americana post 1980 (che vale pure per l’Europa). Il tema è sempre quello della crisi etico-politica e della profonda immaturità della classe dirigente, ma anche dell’indifferenza e della pochezza dei cittadini, in una società abulica e sfaldata.
Non si salva in pratica nessuno e anche se Burton, rispettando le regole dello spettacolo tradizionale hollywoodiano, finisce il film con una specie di lieto fine, la distruzione di valori, simboli, istituzioni è stata così drastica che si lasciano poche speranze per il futuro.
Stilisticamente questo film è un po’ diverso da quelli precedenti del regista. Prima di tutto sembra un omaggio a Altman e Tarantino. Si struttura quasi come un “America Oggi”, con un montaggio alternato di diversi personaggi e situazioni, ognuno simboleggiante un aspetto di società attuale. Anche le ambientazioni in luoghi reali e il tempo presente avvicinano il film ad una specie di realismo appena travestito da fantastico. Da Tarantino riprende invece l’uso paradossale e estraniante dell’esagerazione violenta e del macabro. Le distruzioni diventano così semplice spettacolo, le mutilazioni fonte di comicità e ironia. Addirittura in una scena si cita Godzilla, ad omaggiare i film catastrofici Serie B anni 70.
L’esagerazione e il richiamo ai film di stile catastrofico servono per nascondere una satira veramente forte e irreverente. Di mira ci sono le più alte istituzioni americane (il Presidente, il Congresso). Di fronte ad una eventuale minaccia si comportano in maniera puerile e superficiale e pure a minaccia conclamata non sanno reagire. Il Presidente è una figura imbelle, tutta immagine e poca sostanza. E’ circondato da consiglieri d’accatto, ognuno prigioniero della sua idea preconcetta e del suo vizio. Si satireggia la pigrizia mentale, l’eccessiva fiducia (“una civiltà superiore non può che avere intenti pacifici”) che spinge a comportarsi ingenuamente, come pure il militarismo fanatico e cialtrone. E’ strabiliante vedere in un film americano queste istituzioni così colpite e avvilite. E’ il termometro del distacco fra gente e istituzioni e l’insofferenza strisciante verso quest’ultime, viste come inefficaci carrozzoni succhiasangue (sentimento che si faceva strada anche negli USA anni ’90).
Non è che la società civile ci faccia una figura migliore. L’abulia e l’indifferenza, il seguire passivi gli eventi, continuare incuranti nel proprio automatismo di vita, sono i sentimenti dominanti. L’informazione è ridotta a superficiale gossip fatuo e vano. C’è chi resta attaccato a valori formali come militarismo, eroismo, autodifesa (ma guai a chi tocca l’apparecchio televisivo) e chi si perde in fumosi sogni new age. Tutti sono destinati alla sconfitta e alla distruzione dal dilagare del cinico e impietoso male.
Il Male è una presenza costante nei film di Burton: il Joker, Il Pinguino, Beetlejuice e ora i bruttissimi e cattivissimi marziani. Questi sono i Cattivi meno spiegati e meno plausibili. Sembrano proprio cattiveria e malvagità allo stato puro. Eppure riescono anche loro a “infinocchiare” così tanta gente. Ma è così affascinante il male? Ci si fa ingannare così facilmente? In fin dei conti simboleggiano la facilità con cui le opinioni pubbliche e le istituzioni si facciano abbindolare, solo perché vedono qualcosa di “diverso” e di “nuovo”.
La “pars destruens” è la parte più riuscita e curata del film. Molto più debole il resto. Chi salva tutto è un ragazzino modesto ma intrepido che ha la fortuna di sfruttare il caso al momento giusto. Fin troppo forzata come soluzione. Vince poi la cultura dark/new wave, pessimista e distaccata, fatalista, simboleggiata dalla figlia della coppia presidenziale (famiglia che ricorda quella di Beetlejuice). C’è poi da ricominciare: “forse è meglio trasferirsi nelle capanne, è tutto più facile”. Come cappello finale al film forse Burton poteva escogitare qualcosa di meno banale.
In effetti di difetti ci sono molti nella storia, soprattutto negli snodi e nelle soluzioni. La sceneggiatura fa decisamente acqua, ma meglio non prenderla troppo sul serio, prendiamo il film come un “nightmare” e in questa maniera riesce a inquietarci a dovere.