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IL SIGNORE DEGLI ANELLI: LA COMPAGNIA DELL'ANELLO regia di Peter Jackson

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elio91     9 / 10  01/01/2014 23:15:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tutto grazie alla passione.
Perché si, il signore degli anelli firmato Peter Jackson è un film con cui ci si deve confrontare, che lo vogliamo o meno: rarissimo riscontro plebiscitario di pubblico e critica, appassionati (del romanzo di Tolkien) e neofiti. Jackson non è mai stato un genio prima né lo è diventato improvvisamente, ma è bastata la sua bravura e l'approccio di artisti visuali, musicisti, e tutto l'enorme ambaradan dietro la costruzione del film a renderlo un giocattolo perfetto.
Premetto che il 9 è un voto dettato puramente dall'affetto, sarebbe un mezzo voto in meno a voler essere distaccati. Ma devo prenderne atto: rivisto per l'ennesima volta, questo film non perde nulla del suo fascino. Pur non avendomi mai entusiasmato, ho buttato ore e ore della mia vita a guardare prima ragazzino al cinema, ora in blu ray questa saga. E mi ritrovo ancora una volta ad osservare incantato la costruzione di un'opera tanto mastodontica, eppure gestita cosi bene.
Premesso anche che non riesco proprio ad approcciarmi ai commenti che criticano il film perché fantasy per adulti, roba assolutamente senza senso: Tolkien era un linguista erudito, professore ad Oxford che ha inventato un universo immaginario ma con chiare allusioni mitologiche più che allegoriche (c'è chi vedeva nella trilogia un corrispettivo forte con l'ascesa di Hitler e la seconda guerra mondiale, punti di vista rigettati con forza dallo stesso Tolkien). L'obiettivo dello scrittore era quello, pure non poco ambizioso, di costruire per l'Inghilterra una mitologia di cui questa era priva, ricavandola dalla passione per le antiche leggende e gli antichi miti, le antiche lingue che ridanno vita a loro volta a quelle degli elfi, leggere e fluenti come acqua limpida. Jackson prende atto che una trasposizione letterale sarebbe impossibile ma il suo processo di adattamento è il migliore possibile: non tradisce lo spirito di Tolkien e imbastisce un kolossal di portata epica, amicizia virile e amore spirituale, in cui forze del bene e del male combattono per non far piombare il mondo nell'oscurità. La mole eccessiva di personaggi, ambientazioni e situazioni non è del tutto sacrificata neanche nella versione cinematografica iniziale, già lunga di per sé: tre ore e un groviglio di personaggi di svariate razze che tentano di portare a termine un'impresa aggravata dal fardello di un Anello che consuma chi lo porta, sia esso Hobbit o Uomo.
Nella versione estesa, più lunga di circa mezz'ora, Jackson compie un altro piccolo miracolo: pur essendo la versione inframmezzata da scene inedite che al cinema, ci rendiamo conto, avrebbero spezzettato sin troppo il ritmo del racconto ora da una coerenza narrativa interna ancora più forte al mondo da lui derivato da Tolkien, e strizza ancora di più l'occhio ai fan dell'opera originale. Gli hobbit sono presentati in modo più esteso e circostanziato, il rapporto fondamentale tra Aragorn e Boromir si focalizza ancora di più restituendo fascino maggiore alla figura di quest'ultimo, uno dei personaggi più tormentati e complessi della trilogia che rimette in gioco proprio l'assunto che vorrebbe un fantasy del genere ben definito nelle linee che demarcano le forze del bene dal male: per meglio dire, vie di mezzo non sembrano esserci ma le vie per arrivarci sono molto più insicure di quel che si crede. Ma Jackson non tagliò al cinema solo scene più riflessive (come l'arrivo nel bosco di Galadriel, o i dialoghi che intrattiene con alcuni personaggi), anzi eliminò dal montaggio cinematografico anche sequenze di lotta che facevano durare di più le scene concitate, in alcuni casi amplificandone di gran lunga la violenza.
Sta di fatto che versione estesa o meno (pur preferendo per forza di cose la prima, consigliatissima a chi si approccia al mondo del LODR per la prima volta), resta inalterata la commozione fortissima nel finale, o sequenze dal sapore immortale (la discesa a Moira è uno dei momenti indimenticabili per me dell'intera storia del cinema).
Credo che chiunque si definisca cultore di cinema, al di là di ciò che può pensare sul messaggio del film e se questo arrivi o meno, non possa che fare silenzio e mostrare un minimo di deferenza di fronte al monumentale lavoro della WETA e di tutti i collaboratori gestiti da Jackson che riesce a fare breccia nella storia del cinema, senza essere un genio (ripeto), ma "solo" un buon regista, gestendo una colossale mole di lavoro e riuscendo a dominare il mondo tolkeniano, capendo cosa eliminare (Tom Bombadil, anche se prudentemente è un punto parecchio oscuro e mai citato nella storia) e quando frenare o premere sul pedale dell'azione.
Il commento musicale di Shore è un'altra chicca, indimenticabile e che riesce a commuovere.
La regia di Jackson, come scritto già ampiamente, è perfetta, davvero un lavoro eccellente di direzione sotto tutti gli aspetti e nei momenti intimi, grazie anche alla colonna sonora e non solo all'aiuto di attori più o meno bravi, colpisce sempre al punto giusto.
Gli attori checché se ne dica sono tutti in parte ed adatti al ruolo, certo ci sono comunque delle cime: Ian McKellen, Christopher Lee, Clate Blanchett, ma di alto livello anche Viggo Mortensen, Sean Bean e Ian Holm. Da togliere il fiato la bellezza e la voce di Liv Tyler.
I rapporti tra i personaggi troveranno una loro naturale evoluzione nei successivi due capitoli, che se non sono all'altezza è solo perché migliorano ancora di più, se possibile.
L'ultimo kolossal costruito vecchia maniera, ovvero non per fare incasso ma per rapire lo spettatore per tanto tempo e farlo divertire. Chapeu, signor Jackson.