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AMLETO SI METTE IN AFFARI regia di Aki Kaurismaki

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amterme63     6 / 10  29/06/2012 22:28:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Stavolta l'operazione di recupero e aggiornamento delle grandi opere letterarie del passato non è riuscita in pieno ad Aki Kaurismaki. L'esperienza di "Delitto e castigo" è stata forse qualcosa di unico e irripetibile.
Lì si trattava di sperimentare, di inventare di sana pianta, di creare un nuovo stile e il risultato è stato mirabile. Con "Amleto" invece si nota lo sforzo di adeguare una storia nota a degli schemi già pronti, fissi e rigidi. Le forzature si evidenziano molto. Ne va di mezzo la scioltezza e la coerenza del film, decisamente più spezzettato, più dispersivo, meno convincente dal lato umano rispetto a "Delitto e castigo".
L'operazione comunque era interessante. Si trattava di trasporre le vicende fosche di lotte di potere, di condotta etica, di sofferenza e senso di colpa, di conflitto interiore, di contrasto fra dovere e inclinazione, nel moderno mondo alienato, disumanizzato, meccanizzato anche nei comportamenti e negli atteggiamenti umani. In qualche maniera Kaurismaki si è voluto un po' ispirare a "L'argent" di Bresson. Solo che Bresson prende alla lettera lo stile e ne fa il soggetto del film, al di là della storia rappresentata. Kaurismaki si situa invece in una via di mezzo. Non rinuncia alla storia, all'intreccio, a dare al film la parvenza del thriller (con tanto di colpo di scena finale), allo stesso tempo sterilizza gli atti e i personaggi, facendoli divenire dei mondi isolati a se stanti, senza interazione alcuna con chi li circonda. E' il solito binomio delle prime opere di Kaurismaki: incomunicabilità e solitudine, che pure qui impera e condiziona l'esistenza di tutti i personaggi.
Lo spettatore in pratica non sa che pesci prendere; non sa se si deve appassionare alla storia e seguirne le vicende, oppure se deve distaccarsi da quello che vede, prenderlo come qualcosa di ironico e strumentale, fatto per dimostrare delle tesi. Insomma stavolta la ciambella a Kaurismaki non è riuscita con il buco.
A livello formale comunque Kaurismaki si conferma un grande regista. Solo che utilizza un po' troppo forme studiate, quasi delle citazioni, tanto da dare l'impressione di manierismo o di esercizio per mostrare la propria bravura. In questo contesto ci sta sicuramente la scelta di girare in bianco e nero (proprio per riallacciarsi alla tradizione dei film del passato) e alcune messinscene che richiamo esplicitamente precedenti stilitici (c'è molto gioco di luce e ombra di stile espressionista). I tocchi sarcastici qua e là contribuiscono alla confusione contenutistica e stilistica.
Rimane comunque un quadro molto severo e pessimista del nostro mondo. Il cinema di Kaurismaki è un cinema post-esistenzialista. Il problema del significato e dello scopo dell'esistenza umana è stato superato con l'accettazione del nichilismo e della disumanizzazione completa e irreversibile. Non c'è neanche da disperarsi o da ribellarsi. Non c'è da fare niente, perché il niente è il destino di tutto.
amterme63  29/06/2012 22:33:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi sono scordato un'altra cosa molto importante. Ormai nel mondo d'oggi le forme di intrattenimento e spettacolo sono diventati l'unico mezzo di espressione e palesamento della propria interiorità. Infatti l'unico modo per poter comunicare lo stato d'animo di un personaggio e quello di far suonare e cantare sullo sfondo una canzione. Sono questi i momenti più belli del film, quando finalmente una canzone ci restituisce un po' di verità e dolore umano.