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IL FAVOLOSO MONDO DI AMELIE regia di Jean-Pierre Jeunet

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kafka62     7½ / 10  25/03/2018 17:37:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Tempi duri per i sognatori!", dice a un certo punto del film uno dei personaggi de "Il favoloso mondo di Amélie". Questo mondo in effetti, così egoista, crudele, o nel migliore dei casi distratto e indifferente, dove ciascuno è in balia del proprio solitario destino, non sembra fatto per i sognatori come Amélie e Nino. Eppure, a giudicare da come il generoso e disinteressato intervento dei due giovani riesce a cambiare la vita delle persone intorno a loro, il mondo ha un tremendo, disperato bisogno di loro. Credo che sia proprio questa la chiave del clamoroso successo di pubblico che ha premiato il film di Jean-Pierre Jeunet, trasformando Amélie in un vero e proprio fenomeno di costume: in primo luogo, l'intuizione che accorgersi delle persone che ci stanno intorno, rompendo il tranquillizzante guscio di solitudine che ci siamo creati a mo' di difesa dalle insidie e dalle offese della vita, può effettivamente fare del bene a noi stessi, oltre che agli altri (non è un caso che Amélie incontri l'amore solo dopo aver deciso di diventare più altruista); in secondo luogo, Amélie è una ragazza qualunque, potrebbe essere la nostra collega o la nostra vicina di casa, non ha tendenze politiche o religiose, ha un'abitazione e un lavoro modesti, veste in maniera per nulla vistosa, si commuove per la morte di Lady D. o immaginando di assistere in televisione al proprio funerale, insomma è un personaggio in cui è facile immedesimarsi. Parafrasando il titolo di un vecchio film di James L. Brooks, c'è davvero molta "voglia di bontà" in questa pellicola, ma è un buonismo che non dà fastidio, non è mai stucchevole, perché Jeunet riesce sempre a far percepire l'umanità dei suoi personaggi. Infatti Amélie non è un personaggio a senso unico, non è infallibilmente sicura di tutto quello che fa (le sue prove di solidarietà sono all'inizio dei timidi balbettamenti), è anche lei governata dalle bizzarre leggi del caso (la scoperta della scatolina dei ricordi che fa cambiare direzione alla sua vita è resa possibile solo grazie a una fortuita serie di coincidenze), e per giunta non è neppure naturalmente buona (come dimostra la sottile perfidia con cui punisce l'arroganza del fruttivendolo) o intraprendente (rischia per ben due volte di perdere il treno della fortuna a causa della sua timidezza).
Le avventure di Amélie sono raccontate con lo stile sorridente e svagato di una favola e con il ritmo frenetico e senza pause di un cartone animato, eppure di esse, miracolosamente, si percepisce il sostanziale realismo di fondo. I vari personaggi che animano la vicenda, dall'uomo di vetro che riprende costantemente con la videocamera l'orologio sulla strada per sapere sempre che ore sono fino al bislacco ragazzo che fa collezione di anonime fototessere strappate, sono infatti sì caratterizzati con pochi semplici tratti distintivi (non è un caso che Jeunet li introduca tutti dicendo la cosa che essi amano di più fare e quella che invece detestano), come se fossero altrettante figure di un fumetto, eppure nel loro complesso formano un universo credibilissimo, ricco di sfaccettature e di notazioni psicologiche. Jeunet adotta infatti nel raccontare la storia di Amélie uno sguardo trasversale, attento a far emergere tutto ciò di cui gli altri di solito non si accorgono, proprio come fa nella sua vita Amélie la quale, quando guarda un film, preferisce soffermarsi su una mosca che attraversa lo schermo durante la scena d'amore più emozionante oppure girarsi ad osservare le facce degli altri spettatori. Esemplare di questo particolarissimo sguardo, inusuale e spiazzante, è la sequenza di apertura, nella quale un insetto, dopo avere volteggiato per diversi secondi davanti all'obiettivo della macchina da presa, viene, dopo tanto sbattere di ali e nel preciso momento in cui si appoggia sull'asfalto, schiacciato da un'automobile di passaggio. Ciò che ne sortisce, pertanto, è un'opera originalissima, accattivante (come il candido sorriso di Audrey Tautou) e, soprattutto nella prima mezz'ora contrappuntata di invenzioni registiche e di battute umoristiche a raffica, molto spesso geniale. Il ritmo, pur rallentando nella seconda parte per assecondare le esigenze dell'intreccio narrativo, riesce comunque a mantenersi fino alla fine su livelli elevati, con alcune godibili digressioni come le quattro fototessere che si animano surrealmente per dialogare con Nino addormentato o le cartoline che il nanetto da giardino rapito da Amélie spedisce da ogni angolo del globo all'esterrefatto padre. Ma probabilmente, più che cinematografico, il merito maggiore de "Il favoloso mondo di Amélie" è – se così si può dire – terapeutico: la vita non sarà senz'altro più bella o più facile per il semplice fatto di avere visto questo film, ma forse grazie ad esso saremo maggiormente disposti ad identificarci con quel vecchio che, pur avendo una gamba di legno, balla allegramente il tip tap nella videocassetta in bianco e nero che Amélie regala al suo vicino di casa.