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IL FAVOLOSO MONDO DI AMELIE regia di Jean-Pierre Jeunet

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Sybil_Vane     8 / 10  16/12/2013 18:01:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'eleganza formale di Jean-Pierre Jeunet taglia un altro, rilevante traguardo: "Il favoloso mondo di Amélie" consacra il talento manieristico di un artigiano del cinema che fa del perfezionismo stilistico il suo marchio di fabbrica, e che, prima ancora di essere regista, è soprattutto esteta.
Jeunet catapulta dunque lo spettatore in un turbine di suoni e colori che si rincorrono leggeri e giocosi, introducendolo in un mondo fiabesco dove il sole splende generoso a illuminare un'umanità vivace e chiassosa. La Parigi di Jeunet è il trionfo del dettaglio, di quelle piccole abitudini che rendono felici ma di cui non ci si accorge, sfondo e parte attiva di una favola moderna che ha gli occhi grandi e il sorriso timido di Amélie Poulain.
Amélie è l'outsider tra gli outsiders, figlia introversa di madre nevrotica e di padre distante (prima), giovane riservata senza alcun legame affettivo (poi). La sua vita è attraversata da un carosello di figure altrettanto singolari con cui però non costruisce alcun rapporto, preferendo invece rifugiarsi in un mondo di fantasia più rassicurante ma più solitario. L'evento dinamico, che deflagra una situazione da troppo tempo inalterata, la scuote dal torpore una calda notte di fine agosto: la tv trasmette le immagini della morte di Lady Diana (unico appiglio "reale" di una vicenda che dalla realtà prende scientemente le distanze), ma Amélie è distratta piuttosto dal ritrovamento di una scatola di ricordi appartenuta all'inquilino precedente. La scoperta le suggerisce la missione a cui decide di consacrarsi, e stabilisce così di voler dedicare il resto della propria vita ad aiutare il prossimo. La sua vocazione però, scevra di qualsiasi forma di altruismo o di generosità, è un atto egoista più che filantropico, ed è pretesto di cui si servono doppiamente personaggio e regista; votandosi agli altri per evitare i propri problemi (personaggio), esibendo creatività e gusto estetico nella messa in scena delle buone azioni (regista).
Le trovate di Amélie traboccano di fantasia, ma se da un lato sono un piacere per gli occhi, dall'altro acuiscono l'abisso che separa la ragazza dal mondo reale.
Eppure di favola moderna si parlava, e l'happy ending si scorge all'orizzonte quando Amélie incontra Nino, anche lui outsider e solitario, collezionista di fototessere che si divide tra un improbabile impiego in un sexy shop e uno alle giostre. Il loro è un amore tra diversi che sboccia presto ma non si consuma subito, e che si inserisce nella trama, impreziosendola, con un tocco di bizzarria barocca che non stona con il resto della composizione. Jeunet adotta in merito soluzioni narrative ricercate ma non forzose, decorandole con abbondanza di dettagli e animandole con un costante, carezzevole accompagnamento sonoro.
La vicenda di Amélie scorre dunque veloce come un libro di fiabe, trascinata dalla dolcezza di Audrey Tatou e dalla simpatia dei suoi comprimari, strega il pubblico e la critica, e s'inserisce tra le prove più ragguardevoli della cinematografia europea.