caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

IL NOME DELLA ROSA regia di Jean-Jacques Annaud

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
stratoZ     8 / 10  02/03/2024 19:51:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Annaud mette in scena il famoso libro di Eco e ne esce un giallo medioevale di altissimo livello, ok ci sono da dire tante cose, sicuramente che l’autore ha trovato una situazione estremamente favorevole, tra degli interpreti in formissima e delle ambientazioni perfette per il soggetto, oltre alla componente visiva che fa primeggiare il film con la fotografia di Delli Colli ispiratissima.

L’opera parla di un frate francescano, Guglielmo da Baskerville - il riferimento a Sherlock Holmes è evidente, non soltanto per il luogo di provenienza quanto per l’astuzia e l’intuito tipici del detective, ma anche dal curioso rapporto col suo assistente Adso che ricorda tanto quello tra Sherlock e Watson - che giunge in questa abbazia del nord Italia in cui vi è stato il ritrovamento di un frate morto, con gli altri frati che pensano sia opera del demonio dato il macabro dettaglio di aver trovato il corpo con le mani e la lingua nere.
Fin dall’inizio Guglielmo e il suo assistente iniziano ad indagare, ma sono spesso ostacolati dagli altri membri del convento, da questa prima parte si nota come vi sia una forte chiusura da parte dei membri del clero verso delle spiegazioni razionali, Guglielmo assieme al suo assistente cercherà di mettersi sulle tracce di un eventuale assassino, mentre nel convento le morti continuano ad avvenire con costanza.
Il film procede con un ritmo relativamente dilatato nell’esplorazione dei luoghi del convento e nella caratterizzazione dei personaggi, che sempre di più hanno a che fare con la coppia di investigatori, tra i dettagli che nota Guglielmo vi è la biblioteca del convento, assieme alla stanza dei frati traduttori in cui non vi sono libri, particolare curioso assieme al fatto che i frati ritrovati morti siano comunque correlati ai libri per via delle loro mansioni.

Nella seconda parte di film si assiste a due fattori fondamentali, il primo è la scoperta tramite l’acume di Guglielmo della biblioteca/labirinto, il secondo è l’entrata in scena di Bernardo Gui, famoso e temibile inquisitore della chiesa qui chiamato per scoprire la natura di queste continue morti, è in questa fase che il film sviluppa i suoi principali sottotesti, da una parte si vede come frate Jorge, aiutato dal bibliotecario e dai vari assistenti, tentino continuamente di tenere nascosti i libri perché mettono in dubbio la fede degli uomini, la biblioteca labirinto mostra numerosi testi, che la chiesa conserva gelosamente e a cui non vuole dare accesso a nessuno perché “il dubbio è nemico della fede”, qui l’opera mostra l’insabbiamento dei testi scientifici e culturali, in particolare il focus è sul secondo libro della “Poetica” di Aristotele, libro che tratta della commedia, di cui frate Jorge ha paura perché il riso scaccia via il timore e il timore e la paura sono gli elementi fondamentali per aggrapparsi alla fede.
Ma non basta, con l’entrata in scena di Bernardo Gui assistiamo ad una rappresentazione quasi caricaturale della Santa Inquisizione, con un processo sommario, basato sulla coercizione, la tortura e il far confessare il presunto eretico anche il falso pur di ottenere la risposta che si vuole sentire, a questo proposito il personaggio di Gui è terribile nella sua viscidità e cattiveria, Murray Abraham ancora una volta regala un cattivo memorabile, quasi quanto il Salieri di due anni prima, col suo sguardo gelido, con una freddezza disumana, lontanissimo dai valori della religione stessa, rappresentante di un clero che pensa solo ai suoi meri interessi, a terrorizzare la popolazione, di una religione ormai basata sulla paura, che come si vede nel film, punisce i più deboli perché incapaci di difendersi, dovrà intervenire Guglielmo, ultimo baluardo della giustizia e della razionalità per salvare, parzialmente, la situazione, poi il film si concede anche una vendetta appagante nei confronti di Gui, fatto lontano dalla realtà storica e che magari mi ha fatto storcere un po’ il naso, ma perdonabile nell’insieme.

Annaud realizza una messa in scena strepitosa, aiutato dalle splendide scenografie dell’italia del basso medioevo - in realtà tutto ricostruito in studio, almeno gli esterni, ma molto bene e prendendo spunto da Castel del Monte - fotografate sempre da quel cielo grigiastro e cupo, in esterno, invece in interno si assiste ad un’atmosfera ancora più cupa e oscura, con la fotografia, basata spesso sulle luci di scena che siano torce, lanterne e via dicendo, che illuminano solo parzialmente lo spazio, facendo percepire come se i personaggi vagassero nel buio, metafora dei tempi che si stavano vivendo e dell’oscurantismo praticato dalla Chiesa stessa, il cast è ispiratissimo, oltre al già citato Murray Abraham che domina la seconda parte, Connery regala uno dei suoi ruoli migliori, da investigatore e da mentore del giovane Adso, sapiente e colto, quasi una figura paterna, sempre rassicurante, dal carattere contenuto e mai scomposto, ma funzionano bene anche tutti i personaggi secondari, alcuni volutamente delle macchiette timorate, se dalla fede o dal clero stesso non si sa, probabilmente da entrambi.

In definitiva, gran film, splendido nelle atmosfere ma anche sorretto da un’ottima sceneggiatura che indaga nei meandri del clero e delle abbazie medioevali, oscuro e misterioso e dal forte fascino, molto consigliato.