caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

L'INQUILINO DEL TERZO PIANO regia di Roman Polanski

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Spotify     9 / 10  15/07/2019 04:33:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Film superbo realizzato da Roman Polanski. Un thriller psicologico assolutamente sublime, un tutorial su come certe pellicole dovrebbero venir realizzate.
Il regista firma un film complesso, a tratti quasi onirico. Le domande che lo spettatore si pone durante il film sono parecchie, ma non a tutte è possibile dare una risposta. Polanski ci conduce nel limbo tra ragione e pazzia, dove le cose ci appaiono ben diverse da come ce le saremmo aspettate.
La trama è ambientata a Parigi vede protagonista Trelkowski, un giovanotto polacco che trova un appartamento in un palazzo della capitale francese. In quello stesso appartamento, poco tempo prima, la precedente inquilina si era suicidata gettandosi dalla finestra. Fin da subito, Trelkowski si rende conto che i vicini non sono proprio un esempio di cordialità. Più volte infatti, il giovane viene attaccato dagli altri condomini per via del forte rumore che lui stesso provocherebbe. Dopo svariato tempo, la mente di Trelkowski, esasperata da quanto succede con gli altri condomini e condizionata sempre più da quanto successo alla locataria precedente, inizierà a vacillare, portando l'uomo sulla soglia della follia.
Il regista trasporta lo spettatore in un viaggio all'interno della psiche umana, mostrandoci come, tutto d'un tratto, essa possa sgretolarsi a seguito di particolari circostanze che influenzano l'individuo. Ovviamente, questa è una pellicola alla quale possono essere date svariate interpretazioni, quindi è difficile dare una visione dell'opera propriamente oggettiva. Polanski in questa pellicola tratta molti temi psicologici: il delirio paranoide, l'omosessualità e la doppia personalità. Trelkowski lo vediamo posto in un limbo: quello tra pazzia e lucidità. Il director basa grossa parte del film su questo elemento, riuscendo a non far capire mai all'astante, quale sia la verità. Non si saprà mai davvero il legame che univa Trelkowski e Simone Choule e perché Trelkowski, più volte, inizi ad indossare abiti femminili. Tra i due personaggi, è come se si creasse una sorta di simbiosi, di contatto indissolubile, malgrado uno dei due sia morto. E l'ambiguo finale, non fa altro che rimischiare le carte. Il regista però, non crea affatto una storia contorta: ovvio, bisogna prestare la massima attenzione per seguirla, in quanto ogni passaggio è importante, ma non ci sono mai situazioni dove il film si incarta su se stesso. E sempre tutto in continuo progresso, il director man mano inserisce i tasselli che andranno a formare l'intricato puzzle. Lo spettatore in tutto questo non può far altro che lasciarsi trasportare in questo viaggio mentale, andando ad esplorare territori sconosciuti dell'intelletto. Si può dire che "L'inquilino del Terzo Piano" è una vera esperienza sensoriale. Per due ore, ci si estranea da tutto quello che si ha intorno. E posso dire che non vale neanche la pena di restare a pensare per forza al significato del film, perché è già perfetto così come è stato realizzato.
Polanski analizza un altro argomento che può sembrare di scarsa importanza, ma che invece è rilevante sia nell'economia della pellicola che nella vita reale. Parlo del rapporto dell'inquilino con i vicini. Nonostante sia un tema che, all'apparenza, sembri non centrare nulla con quanto analizzato prima, è invece di determinante importanza. La mente di Trelkowski inizia a vacillare proprio a causa dei continui screzi con i vicini. Sin da subito, il giovane viene ripreso più volte sia dal proprietario del condominio che dagli altri inquilini. Man mano, col passare del tempo, queste situazioni spiacevoli con i condomini, iniziano a diventare uno stillicidio vero e proprio. Trelkowski viene persino coinvolto in fatti che non lo riguardano direttamente (vedi ad esempio la petizione perpetrata da "Madame Dioz"). Polanski, attraverso tutto questo, ha voluto sottolineare quanto a volte possano essere sgradevoli le relazioni con i vicini.
La caratterizzazione dei personaggi è sensazionale. Trelkowski è un uomo che inizialmente incute simpatia nello spettatore, per il suo fare gentile, calmo ed anche un po' imbranato. Poi una volta iniziato il calvario dell'uomo, lo spettatore vorrebbe in qualche modo aiutarlo, vedendo in Trelkowski una vittima di una serie di misteriose e strane circostanze. E malgrado l'astante sappia che il giovane stia perdendo il lume della ragione, si percepisce un velo di verità in quello che Trelkowski proclama quando, appunto, inizia a non starci più con la testa. Il tracollo mentale del protagonista è centellinato nei minimi dettagli, una lenta discesa nella pazzia, una strada senza ritorno. Gli altri personaggi fanno da cornice, ognuno è dove deve essere.
Il ritmo c'è, anche se non stiamo parlando di un film dinamico. Ma ciò, in questo caso, non è un difetto, ma un pregio. Polanski ha la capacità di far immergere lo spettatore nel film, mettendolo di fronte ad una vicenda singolare e misteriosa. Mai un attimo di noia, mai un calo di attenzione. E poi ci sono dei dialoghi diretti benissimo.
Le scene da menzionare sono tante. Oltre che di scene, parlo pure di singole inquadrature, alcune delle quali, secondo me, racchiudono il succo del cinema psicologico.


Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

La fotografia è grigia, il che favorisce un'atmosfera cupa. Polanski e Nykvist optano per molte soluzioni in chiaroscuro. In tante sequenze si può notare come filtri pochissima luce, in modo tale da rendere il clima del film ancora più opprimente.
L'appartamento di Trelkowski ha un che di sinistro. Non c'è nulla di particolare, ma in un certo senso incute timore. Anch'esso poi è grigio, poco soggetto alla luce del sole.
Il cast è di prim'ordine: Roman Polanski oltre a dirigere la pellicola in maniera sensazionale, recita la parte di Trelkowski in maniera eccellente. Ricordiamo inoltre, che è Polanski stesso a parlare italiano, donando così al personaggio ancora più realismo. La follia che, gradualmente, coglie Trelkowski, è inscenata in maniera divina. Polanski riesce persino a dare toni grotteschi all'intera cosa. Le espressioni sono impeccabili e l'interpretazione dei dialoghi è ottima.
Isabelle Adjani è molto brava, basti pensare che all'epoca aveva solo 21 anni. Ma non è tanto la capacità recitativa che colpisce, quanto la spropositata bellezza e sensualità che l'attrice trasmette. Personalmente, non ricordo di aver visto attrici così sexy.
Grande prova anche di Melvyn Douglas, nel ruolo del burbero "Monsieur Zy". Una performance dove l'attore statunitense, mette in mostra tutta l'esperienza accumulata durante decenni di recitazione.
La colonna sonora è stupenda. Un tema cupo, dannatamente inquietante ed onirico. C'è pero anche quel tocco di eleganza che non guasta affatto. Soundtrack migliore per un film del genere non poteva esserci.
La sceneggiatura è formidabile. Gèrard Bach butta giù moltissime idee, le quali vanno a formare un impianto narrativo esemplare. Lo screenplay non si perde mai in situazioni troppo tortuose ma procede in maniera diretta, pur non tralasciando il minimo dettaglio. La stesura dei personaggi è impeccabile così come la scritturazione di alcune delle sequenze più oniriche del film. I dialoghi sono trascinanti, a volte anche anche velati di humor nero.


Conclusione: un capolavoro sotto tutti gli aspetti. Sicuramente tra i migliori thriller di sempre. Polanski ci ha donato un autentico gioiello che ha ispirato tantissime pellicole venute negli anni a venire. Assolutamente da vedere.