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L'INQUILINO DEL TERZO PIANO regia di Roman Polanski

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Alpagueur     8 / 10  22/11/2020 09:45:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Roman Polanski crea un thriller teso, claustrofobico e agghiacciante in questo film d'atmosfera, ambientato in un appartamento francese. Lo stesso Polanski interpreta il ruolo del titolo Trelkowsky, un giovane solitario in cerca di un appartamento. Alla fine ne trova uno solo per scoprire che l'ex inquilina, Simone Choule, era saltata dalla finestra nel tentativo di uccidersi. Dopo la morte di Simone, Trelkowsky diventa ossessionato da lei al punto da diventare delirante pensando che i suoi vicini siano stati quelli che l'hanno uccisa e ora lo stanno cercando. La prima ora di "Le Locataire" (alias "The Tenant") è piuttosto lenta man mano che la storia si sviluppa e nella seconda metà la storia si svolge gradualmente e diventa sempre più oscura (mentre Trelkowsky scende progressivamente nell'oscurità). Ha un'atmosfera simile a "Rosemary's Baby" dello stesso Polanski, con la differenza che qui il cerchio non si chiude (il senso di estraniazione e di angoscia che pervadono lo spettatore durante la visione rimangono anche dopo la fine del film, mentre in "Rosemary's Baby" la 'spiegazione' finale arriva, qui no, e questo da modo allo spettatore di poterlo interpretare in più modi). La direzione artistica, l'illuminazione e la cinematografia creano la sensazione di tristezza e solitudine. Il condominio stesso gioca un ruolo significativo (ad esempio, le scale a chiocciola, le finestre e i corridoi sembrano poco accoglienti). Gli score vengono utilizzati in modo efficace. La graduale trasformazione di Trelkowsky da giovane sano a pazzo paranoico viene mostrata sottilmente. Polanski fa un lavoro di recitazione interessante. Jo Van Fleet (madame Dioz), Lila Kedrova (madame Gaderian), Melvyn Douglas (monsieur Zy) e Shelley Winters (la portinaia) costituiscono un buon cast secondario e fanno apparizioni agghiaccianti. Isabel Adjani è idonea al ruolo e capace. All'inizio ero solo un po' infastidito dal ritmo lento, ma una volta che sono riuscito a superarlo, sono rimasto affascinato.

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E' sicuramente il mio film preferito di Polanski, un buon esempio della sua capacità di creare suspense e ritrarre la follia in termini molto convincenti. E, tecnicamente parlando, è anche una meraviglia. Basti dire che collabora con il compositore cinematografico Philippe Sarde e il leggendario direttore della fotografia Sven Nykvist (D.P. di Ingmar Bergman) per la realizzazione di questo film. Un ritmo lento e segmenti a volte poco interessanti possono rendere questo film difficile da godersi, ma è comunque un'esperienza interessante, inoltre si ride spesso grazie a ciò che dicono Trelkowsky stesso (pensiamo per es. la scena in cui schiaffeggia al parco un bambino perchè infastidito dal suo continuo piagnucolio) ma anche i suoi due amici Scope (Bernard Fresson) e Simon (Romain Bouteille). Ma ci sono anche momenti di riflessione, come quando Polanski (ubriaco) e Isabelle cercano di capirci qualcosa sul chi è veramente 'me' (che rimandando vagamente alle Ricerche filosofiche di Ludwig Wittgenstein del 1953 e al parallelismo tra la mente e il corpo dell'uomo dell'Ethica di Benedictus de Spinoza del 1677). Al di la delle scene di divertimento/angoscia che ci regala Trelkowsky man mano che sprofonda sempre più nel suo delirio, ho però una critica da fare a questo film. Solo dopo un'ora, forse più, diventa più chiaro che soffre di psicosi. E quando lo fa, per molti spettatori (a quel punto completamente stanchi) potrebbe semplicemente non avere più alcun senso e risultare non più interessante in alcun modo o semplicemente essere troppo casuale perché a loro ne importi qualcosa. Mi metto nei panni di coloro che affermano che che non si può semplicemente buttare giù qualsiasi tipo di XXX casuale e poi aspettarsi che venga considerata arte astratta. Avrei considerato un'impresa impressionante se Polanski fosse riuscito a prendere la follia vissuta dal personaggio principale e renderla 'comprensibile'. Ha attirato lo spettatore nel mondo delle persone psicotiche per cercare di mostrargli come la pensano, ma non lo fa. Ci mostra solo un mucchio di strane scene casuali che non hanno alcun senso e si aspetta che sia una sorta di riflesso della "follia". Chiunque abbia un minimo di educazione psicologica, e con questo, intendo chiunque abbia semplicemente letto qualsiasi tipo di libro sull'argomento, sa che la follia difficilmente è priva di un proprio tipo di logica. E questo vale ancor più in ambito cinematografico. Romanski non riesce a mostrare questa logica allo spettatore. In quanto tale, semplicemente non è molto stimolante per la mente. È solo casuale. Poi, nel finale, ci ritroviamo con una svolta completamente cliché, che davvero non ha alcun senso e che riporta l'intero film ad una sorta di loop. Insomma abbiamo visto questo tipo di film un milione di volte prima. La formula del twist è ben nota: il protagonista soffre di follia. Ma altri film lo hanno fatto molto meglio (rendendo l'intero plot credibile e offrendo comprensione alla casualità. Personalmente l'ho amato perchè offre spunti di riflessione interessanti e soprattutto mi ha fatto ridere il contesto, con gli inquilini che cercavano di fargli fare quello che faceva Simone e la sua nevrosi da condominio, ho amato anche la scena della palla che rimbalzava di notte fuori dalla finestra mentre lui se ne stava seduto travestito con le mani in tasca guardando fuori, questa onnipresente palla mi ha ricordato "Operazione paura" di Mario Bava del 1966. Ma dal punto di vista del "giallo" paga un po' dazio, proprio per via di quella mancanza di logicità accennata prima, come psico-thriller invece è ottimo!