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DISTRICT 9 regia di Neill Blomkamp

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Invia una mail all'autore del commento pompiere     5 / 10  01/10/2009 16:15:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un’astronave aliena decide di “parcheggiare” nel cielo sopra Johannesburg nel corso dell’anno 1982. Il Dipartimento degli Affari Alieni (MNU) sceglie di darsi da fare e, dopo 3 mesi durante i quali il veicolo spaziale non da’ segni di vita, entra al suo interno trovando 1 milione e 800 mila creature estremamente denutrite e disorientate che vivono in uno stato di degrado.
La Società decide di accoglierle in una specie di campo profughi organizzato, in uno spazio ricavato proprio sotto a quello dell’astronave.

Il Sig. Wikus van de Merwe è il prescelto della MNU a condurre le operazioni di raccolta firme per lo sfratto verso il nuovo "District 9" e per un’indagine cognitiva sulle abitudini degli alieni. Promosso dall’Istituto, rimane contagiato da una strana sostanza che gli procura effetti collaterali devastanti.
Oggetto di una metamorfosi in perfetto equilibrio tra sembianze aliene e umane, il suo corpo diventa di enorme interesse per investimenti biotecnologici fiutati da multinazionali spietate e affariste. Queste società senza scrupoli sono delle vere e proprie mignatte avide di tessuti, midollo e sangue, pronte a far diventare un business anche lo sfruttamento di esseri umani.

Gli alieni, nelle loro fattezze, sono parenti di “Predator” nel volto e assomigliano a dei gamberoni nel resto del loro corpo; novelli profughi extracomunitari, a differenza di questi ultimi sono ancora più inclassificabili in quanto non terrestri e di indole primitiva, sembrano non avere alcuna iniziativa. Per qualche motivo hanno perso la loro leadership superiore.

Concentriamoci sul linguaggio usato dal regista, l’esordiente Neill Blomkamp, visto che sembra essere la chiave di lettura principale del film.
Il linguaggio della parola, quella scambiata tra umani petulanti e alieni dalla voce metallica; ambedue idiomi stridenti dei quali non ci vengono risparmiati inutili e fastidiose lungaggini, come se fosse un modo esclusivo e originale per rimarcare la diversità delle razze.
Il linguaggio del corpo, con i movimenti ballonzolanti dei lucertoloni riprodotti al computer e quelli degli umani tutti presi da atteggiamenti ostili e rissosi. Si avverte una forzatura anche alla base di quest’idea; si sarebbe potuto essere meno schematici.
Quello cinematografico, a metà tra il finto documentario (la ricostruzione minuziosa degli accadimenti attraverso le interviste e i reportage) e lo scoop giornalistico invadente in stile “Iene” o “Striscia la Notizia” (con gli attori che guardano in macchina per motivare e giustificare i comportamenti propri e degli altri).

“District 9” diventa ben presto un film sporco, nomade, con scene di degrado urbano e umano. Molteplici le sequenze di carne maciullata attaccata alle pareti e alla cinepresa (dall’iniziale punto di vista di una telecamera a spalla si passa a quello proprio di una telecamera fissa, o quantomeno non soggettiva, ma l’idea di aderenza e compartecipazione attiva alle scene che si vorrebbe dare è la stessa).
In questi frangenti il film si identifica con sequenze di mera azione, in un infinito e ripetitivo repertorio di sparatorie, senza essere capace di sfruttare le enormi potenzialità a disposizione. Si scopre così votato all’intrattenimento (ci sono pure degli accenni in stile Transformers) piuttosto che mirato a lasciare un messaggio di natura sociologica sul razzismo e l’odio per il diverso.

E poi c’è il linguaggio dettato dalla sceneggiatura, sospesa tra sprazzi di lucidità indagatrice su alcuni aspetti etici e banalità sui rapporti interrazziali (nel ruolo dei cannibali, assassini e sfruttatori sono stati scelti, chissà perché, i nigeriani).
Le insistite panoramiche su scenari degradati e la rivelazione “pioneristica e illuminante” che i veri alieni sono gli umani, creano una situazione poco credibile e asimmetrica, forzando una condizione di “solo contro tutti” scarsamente indicativa.

Un’ultima avvertenza: in previsione della partecipazione della nazionale di calcio ai prossimi Mondiali in Sud Africa, si consiglia un vaccino che curi non solo l’influenza suina ma anche la feroce “gamberonina”. E sarebbe opportuno che in Italia si aumentasse il prezzo del cibo per gatti e “gattusi”.
Non si sa mai, per qualcuno potrebbe essere un affare.