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IL GATTOPARDO regia di Luchino Visconti

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Dom Cobb     7½ / 10  19/01/2020 19:31:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anno 1860. Sullo sfondo dello sbarco dei garibaldini a Marsala si consuma il muto e quieto dramma del nobile Don Fabrizio di Salina, che in disparte assiste al lento ma inesorabile declino di un'intera epoca e all'ascesa di una nuova realtà sociale, caratterizzata dall'avvento della borghesia...
Dopo aver sentito parlare tanto di un'opera, letteraria o filmica che sia, ritenuta da tutti un capolavoro e osannata come tale, come approcciarsi ad essa nel modo migliore? Com'è possibile moderare le proprie aspettative in modo da non restare delusi, magari ritrovandosi a guardare un film totalmente diverso da quello previsto? E, più importante ancora, se al termine della visione il godimento e la soddisfazione per l'esperienza audiovisiva appena vissuta non sono a livelli massimi, vuol dire che è colpa del film, che non ha saputo rivelarsi per l'impeccabile capolavoro che doveva essere, o colpa dello spettatore? Magari perché non possedeva la pazienza necessaria per scoprire ed assorbire i vari livelli di lettura della vicenda, o magari perché, a dispetto dei suoi sforzi, le aspettative erano comunque troppo alte o le speranze troppo rivolte a un film diverso da quello che poi si è guardato?
Per favore, qualcuno mi faccia domande più semplici.
Penso di aver già accennato al mio rapporto un po' complicato con un certo tipo di cinema, quello che oggi verrebbe definito d'essay e di cui un'opera come questo Gattopardo o qualsiasi altro film di Visconti o Fellini verrebbe considerato una parte. Per dirla in parole povere, non lo odio, ma allo stesso tempo ammetto che non mi coinvolge come fa con molti altri. C'è da dire poi che Visconti non mi aveva fatto una grande impressione a suo tempo con il suo "Rocco e i suoi fratelli", dove mi ci è voluta più di un'ora per rendermi conto con assoluta sicurezza chi di quella cricca fosse Rocco, tanto per cominciare.
Fortunatamente, qui siamo su livelli diversi, senz'altro migliori dal mio punto di vista; ma anche così, non so se sia il caso di strapparmi i capelli e unirmi al coro giubilante delle masse, visto che per quanto il film sia una gioia per gli occhi, raramente posso dire che mi abbia veramente interessato. D'altra parte, sarebbe interessante sapere quanta dell'ammirazione e dell'affetto nei confronti del film deriva dagli stessi provati nei confronti dell'omonimo libro di Tomasi di Lampedusa, che probabilmente molti avranno letto.
Ma sto divagando: l'essenza della mia recensione è che "Il Gattopardo" non è per quelli che preferiscono trame dense e personaggi che interagiscano tra di loro in continuazione, anzi; è l'esatto opposto. Il modo migliore per parlarne è come di un lungo e trasognato affresco, la descrizione di uno stato d'animo ed emozionale catturato tramite lunghe scene in cui ci si limita a osservare con un certo distacco pittoreschi eventi che vanno dal mondano al quotidiano; a tale proposito, le sfarzose scenografie e i costumi sgargianti, nonché la colorata e spettacolare fotografia sono dei punti a favore.
Al centro di tutto vi è una solidissima interpretazione di un Burt Lancaster sul viale del tramonto, ulteriormente impreziosita dalla voce deliziosamente rauca di Corrado Gaipa: il loro Don Fabrizio di Salina è un concentrato di malinconia, nostalgia e resilienza che rimane impresso, mentre per gli altri comprimari non vale la pena spendere molte parole. La Cardinale illumina lo schermo con la sua sola presenza, e si segnalano i brevi cammei del semisconosciuto Giuliano Gemma e di un assolutamente sconosciuto Mario Girotti; apparizioni che per un cinefilo rappresenteranno la ciliegina sulla torta.
Per il resto, non c'è molto da dire; fortunatamente sapevo già a che genere di film andavo incontro, per cui il ritmo lento e la sostanziale mancanza di trama non mi hanno infastidito in modo particolare; l'unica eccezione è la sequenza finale del ballo, la cui lunghezza davvero eccessiva (parliamo di un buon tre quarti d'ora) viene esasperata dall'inedito valzer di Verdi ripetuto all'infinito, al punto da risultare quasi irritante.
Forse non il più memorabile prodotto cinematografico di sempre, ma in ogni caso un'opera notevole, nella forma se non nel contenuto, che ad alcuni potrebbe apparire un po' vuoto. Personalmente, mi ha dato abbastanza momenti di puro piacere visivo e rilassatezza da convincermi che ne è valsa la pena. Ma solo per questa volta.

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