priss 7 / 10 07/03/2010 17:25:25 » Rispondi Eh no, mi spiace, io adoro Scorsese, lo ritengo il miglior regista vivente, sono disposta a perdonargli di tutto, ma stavolta non ci siamo. Per carità, Di Caprio è bravissimo, la fotografia è eccellente, la resa dei colori, il risultato estetico... ma non gridiamo al capolavoro. Il film non emoziona, non ti entra dentro, sembra quasi un omaggio al cinema di genere viste le tantissime le citazioni da Wiene a Preminger, Fuller, Tourneur, la sequenza di Di Caprio perso nei cunicoli del padiglione C è un chiaro omaggio al Welles meno visto, c'è persino un "bacio rotante" alla Hitchcock, ma sembra quasi che nell'inseguire il nostalgico fluire dei rimandi e citazioni Scorsese abbia perso di vista la struttura portante del film. La caratterizzazione è scarna, tutto è incentrato sul personaggio di Di Caprio, le altre figure rimangono sullo sfondo, appiattitte come sagome senza alcuno spessore psicologico. Il finale a sorpresa non sorprende affatto, ma soprattutto con commuove, non crea suggestione, è tutto troppo "spiegato", troppo parlato e l'ultimo flashback non ha alcuna utilità narrativa, nè emotiva. Una colonna sonora a dir poco ridondante sembra poi far scivolare tutto nel paradosso e il risultato non suona sincero.
il film parla del mondo nella testa di un criminale malato di mente. i cui meccanismi di difesa hanno creato personaggi e situazione unicamente funzionali al suo sopravvivere. Lo spessore dei personaggi lo si può trovare quando " guarisce", negli occhi lucidi e tristi del "partner-psichiatra" , nella professionalità appassionata ma delusa del dottore.... nella moglie di di caprio....
sulla troppa esplicazione nel finale posso darti ragione, forse per restare fedele al libro, forse per delineare una chiave di lettura più etica-psicologico-medica-empatica piuttosto che prettamente filmica o estetica.
se l'ipotesi del complotto fosse rimasta paritetica a quella della malattia mentale, avremmo visto la pazzia dal di fuori, ne saremmo rimasti esclusi. Non avremmo potuto cogliere la speranza del dottore in un approccio umano-psicologico ai pazienti, nè il dolore e l'assurdità di tutte le vicende tremende che ci vengono raccontate come "storie" degli altri, degli altri criminali, detenuti, pazienti. E sebbene l'ultimo "capitolo" si distacchi stilisticamente dal resto del film, parendo quasi un contentino allo spettatore, la finzione del paziente guarito che pretende di essere ancora pazzo per avere l'oblio e la morte, da uomo per bene, vale la pena della mancata ambiguità.
Concordo invece che non sia un capolavoro, sia per alcuni ammiccamenti troppo facili allo spettatore, in chiave umoristica in certe scene e drammatica in altre, sia per la poca originalità di fondo dell'opera.
Pasionaria 07/03/2010 19:18:57 » Rispondi Oh, sei riuscita a rimettere piede in un cinema? Bello rileggerti anche in area commenti. E con la tua solita classe, commento lucidissimo
priss 07/03/2010 20:26:10 » Rispondi Rita!!! Ero troppo gasata! Finalmente al cinema dopo due anni, pargole dalla nonna e ultimo film di scorsese, ero pronta a stracciarmi le vesti e gridare al capolavoro viste le premesse (ottimo romanzo) ma non e' stato così... Mi e' sembrato davvero freddino, non lascia alcuno spazio al dubbio, tutto troppo "spiattellato" li. Tu l'hai visto? Che mi consigli di questi tempi nelle sale? Ci ho preso gusto al sabato pomeriggio al cine!
Pasionaria 07/03/2010 22:28:13 » Rispondi Dovrei andare a vederlo in settimana, se riesco. Anche senza pargole è sempre più difficile ritagliarsi spazi in queste giornate troppo brevi, mannaggia!
Ti consiglio Invictus, la solita retorica eastwoodiana, superata alla grande dall'emozione che il regista abilmente ci regala. Penso tornerà nelle sale, dopo la premiazione oscar, ti consiglio il film della Begelow the hurt locker, visto ieri sera in tv, molto bello. Fra gli italiani, molti parlano bene di La prima cosa bella, ma io non l'ho visto ancora.