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LADRI DI BICICLETTE regia di Vittorio De Sica

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Dom Cobb     9 / 10  22/07/2018 00:09:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nella Roma dell'immediato dopoguerra, un uomo riesce a trovare lavoro come attacchino dopo aver guadagnato abbastanza da procurarsi una bicicletta, oggetto indispensabile allo scopo. Purtroppo, la bicicletta gli viene rubata il primo giorno e all'uomo non resta che vagare per la città insieme al figlioletto sperando di ritrovarla...
Il cinema neorealista è uno di quelli che non hanno bisogno di presentazioni, in quanto le sue qualità tipiche sono arcinote e immediatamente riconoscibili; si tratta anche di un genere che, in pochi momenti, è in grado di dire più di quanto un qualsiasi altro film di qualsiasi altro genere potrebbe comunicare in due ore e mezza. Le immagini, le facce, gli sguardi, sono sufficienti a immergere lo spettatore in una realtà deprimente, miserevole, ancora più tangibile considerando che essa è davvero esistita, e tutto questo senza l'aiuto di tecniche o trucchi di alcun tipo.
Con "Ladri di biciclette", Vittorio de Sica porta questa importante pagina del cinema italiano e mondiale alla perfezione, nella quintessenza di un certo modo di fare film che all'epoca rappresentava i traumi ancora vivi e presenti nella coscienza collettiva e alle condizioni tutt'altro che favorevoli di una società appena uscita dalla guerra sconfitta e sgretolata e ancora in pieno sfacelo, ben lontana dalla ripresa che arriverà solo alla fine del decennio successivo. Parlando da spettatore per il quale questo Cinema non è esattamente il genere solito, posso dire che tutto funziona perfettamente: i personaggi in sé, le loro relazioni nel corso della vicenda e tutto lo svolgersi della trama trasudano un'autenticità e una naturalezza che nessuna finzione è in grado di ricreare, i volti "sconosciuti" presi per interpretare le parti funzionano meglio del migliore attore professionista visto che, a conti fatti, si limitano a interpretare sé stessi; è proprio il rapporto fra l'uomo e il figlio a dare al film quella marcia in più che lo rende, per quanto mi riguarda, di un livello lievemente (ma proprio di poco) migliore delle pellicole di Rossellini. E le musiche del maestro Alessandro Cicognini sono azzeccate, anche se in alcuni punti si ha la sensazione che stia un po' esagerando; ma visto che funziona, non è poi un difetto così grande.
L'unico neo che potrei trovare, sebbene si tratti di un'opinione strettamente personale, è che il film forse funziona anche troppo bene: come ho già accennato, bastano poche immagini al lungometraggio per dire ciò che ha da dire, e questo rende la trama da sola forse insufficiente a sostenere una lunga durata; per questo, anche se limitata a solo un'ora e mezza, la pellicola da comunque una certa sensazione di dilatato in cui si nota una sostanziale assenza di ritmo. Ma in questo caso, è un fatto che non disturba molto: questo è un quadro, uno spaccato di realtà e non un dramma solidamente strutturato in tre atti, dove alla fine tutto viene risolto in un modo o in un altro, perciò la mancanza di ritmo e il formato episodico hanno un loro perché, così come il perfetto finale aperto.


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Inutile perciò sprecare altre parole sull'opera magna di de Sica, visto che già sono state dette e si limiterebbero ad esprimere quello che è già ovvio di suo, della perfezione formale e contenutistica del film e dell'importanza capitale dei valori e delle riflessioni che si porta dietro.