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LADRI DI BICICLETTE regia di Vittorio De Sica

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     9½ / 10  31/07/2006 07:58:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Avevo 6 anni. Muore De Sica e la Rai gli dedica un'esauriente retrospettiva. Grazie a una lunga serie di film, capisco già allora che il cinema sarà il grande amore della mia vita. Fra l'altro c'era l'occasione per vedere film inediti, o comunque - come scopriro' in seguito - sconosciuti o sottovalutati di Papà Vittorio.
In famiglia non erano amati: "film sulla miseria" diceva mia madre, senza celare quel particolare senso di disagio nel ricordare anni non propriamente gloriosi del dopoguerra.
Lo chiamavano Neorealismo.
Di "Ladri" ricordo tante cose, ma solo su alcune scene vorrei soffermarmi: lo sguardo asettico e "superiore" del figlio benestante di una famiglia abbiente mentre osserva Bruno che sta mangiando una mozzarella.
E' là che si compie la "rottura", davanti a quella emancipazione sociale che assume a status mentre per altri il mezzo (cfr. la bicicletta) diventa il viatico per un nuovo posto di lavoro.
Nell'Italia del dopoguerra di De Sica, ci sono tutte le ferite dilaniate dei bombardamenti: non si vedono, ma si toccano nella disperazione della gente. La gente paga a caro prezzo la propria disperata sopravvivenza economica, il paese è una terra che costringe qualcuno a rubare, altri a seguirne le orme (il protagonista, un tentativo disperato di essere cio' che non è), un figlio è l'unica vera speranza per un futuro migliore.
Per quanto accusato ingiustamente di essere "morbido" il dualismo De Sica-Zavattini è spesso crudele e spietato: sarà forse di Zavattini questo sguardo vetriolico e severo verso un paese che non ha neanche oggi estinto la propria fede nei pregiudizi, o nella superstizione?
Come accadrà anche nell'amaro "Miracolo a Milano" (ma certo con intenzioni meno coercitive e truffaldine) compare la figura di una presunta "maga" che sfrutta la credulità popolare per fare soldi.
Noi vediamo in "ladri" - del resto citato decine di volte in film iraniani o cinesi (il delizioso "le biciclette di Pechino" per esempio) "solo" una storia commovente su un uomo e suo figlio, ma esistono e si vedono pure dei "piccoli mostri" divorati dall'opportunismo e avarizia, come suggeriscono i comprimari del film.
E' naturale che oggi appaia datato, eppure... cambiano i presupposti, le società, le diverse epoche, ma qualcosa piu' forte di noi è rimasto.
Un certo frastornante orientamente pseudo-religioso, e la necessità di stilizzare attraverso lo spirito una figura "proletaria e laica" come il protagonista del film, con la sua piccola e grande Croce quotidiana
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  01/08/2006 00:11:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Comunque non è che ci capivo molto di quei film, allora... ci mancherebbe... ero così piccolo... altrimenti non si capisce