Ciumi 9 / 10 21/07/2009 20:26:41 » Rispondi Nell’immediato dopoguerra, prima ancora che De Sica struggesse il cuore d’Italia coi suoi magnifici lavori, Rossellini aveva già scritto pagine di rara verità e durezza. E mentre in poesia, le testimonianze degli orrori e delle miserie che il conflitto aveva portato, andavano a coincidere con l’elaborazione d’uno stile oscuro e altamente simbolico (l’Ermetismo), nel cinema s’elaborò spontaneamente una poetica diametralmente opposta: quella del Neorealismo. “Roma città aperta” ne divenne dunque il manifesto, segnando un netto punto di svolta. E poco conta se artisticamente appare oggi discutibile. Se spesso, nel corso del film, ci si accorge che la narrazione tende a scivolare nel romanzesco. “Roma città aperta” è un’intensa testimonianza. “Roma città aperta” è un atroce documento. Più efficace ancora delle liriche dei nostri grandi ermetici del tempo. E alcune sue scene; la donna che cade colpita mentre va in contro al marito arrestato, l'ingegnere della resistenza torturato a morte, il prete fucilato a sangue freddo davanti ai suoi ragazzini; sono insolubili scaglie ghiacciate che sono penetrate dentro la nostra memoria.