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PINOCCHIO (1940) regia di Hamilton Luske, Ben Sharpsteen

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Dom Cobb     8½ / 10  27/09/2014 18:35:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una notte come tante, dopo aver finito di lavorare su un burattino di legno, il vecchio mastro Geppetto esprime un desiderio alla stella della sera: che il burattino, di nome Pinocchio, diventi un bambino vero. La stella esaudisce la richiesta, donando al burattino la vita, ma affinché diventi un bambino vero, egli deve dimostrarsi coraggioso, onesto e disinteressato. Insieme alla sua coscienza, il Grillo Parlante, Pinocchio inizia così una lunga serie di avventure...
Il successo senza precedenti di Biancaneve e i sette nani incoraggiò il geniale Walt Disney a continuare su quella strada, producendo altri lungometraggi d'animazione nel neonato studio situato a Burbank, in California. Dopo tre anni di arduo lavoro, nel 1940 uscirono due film d'animazione, Pinocchio e Fantasia: entrambi un fallimento al botteghino a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Entrambi le facce della stessa medaglia, entrambi simbolo dei due aspetti della filosofia secondo la quale Walt Disney ha vissuto: Fantasia rappresenta l'esaltazione dell'impulso ad andare oltre e ad osare, Pinocchio la celebrazione della fede e delle speranze che ciascun uomo persegue. "Se puoi sognarlo, puoi farlo" diceva Walt, e lui stesso ne era la prova vivente: e sia Fantasia che Pinocchio rappresentano, per me, i due elementi alla base dell'impero Disney, derivanti da questa asserzione: la determinazione e la voglia di osare. Ma parliamo del film in sé.
Pinocchio è il secondo classico del canone ufficiale, e come tale Walt lo trattò: egli spinse i suoi animatori ad andare oltre il già eccellente livello tecnico raggiunto nel precedente classico, chiese loro di dargli qualcosa che fosse il più vicino possibile alla perfezione. Ed oggi è l'opinione comune che la perfezione, bene o male, fu proprio ciò che ottenne. Per quanto mi riguarda, avrei qualche dubbio, sebbene sia minore.
Se si comincia guardando il lato tecnico, si vede e stravede che gli animatori hanno fatto i compiti a casa, perché è proprio sotto questo aspetto che non me la sento di obiettare contro l'opinione comune. Non si tratta soltanto dello stile con cui sono disegnati i personaggi, stile che riesce a mettere da parte gli elementi da anni '30 che caratterizzavano Biancaneve, ma anche (e, in certi momenti, soprattutto) l'animazione degli oggetti e della natura circostante, i cosiddetti effetti speciali o "effects animation". In molte sequenze fanno bella mostra effetti come la pioggia, i tuoni, il vento, le distorsioni nel vetro di un acquario, realizzati in maniera semplicemente divina,


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il tutto immerso in un'atmosfera e in un ambiente ancora più alpino/tirolese che nel precedente film, ma che nonostante tutto riesce ancora ad esprimere un certo essere senza tempo.
Anche la realizzazione dei personaggi è, per quanto possibile, migliorata: la vera e propria carrellata di figure, sia positive che negative, che entrano in contatto con il protagonista, danno agli artisti della Disney di sbizzarrirsi in un'infinità di varie personalità, mischiandovi abilmente il comico, il sentimentale e, occasionalmente, anche il maligno. E sono tutte facce memorabili, da un Geppetto buffo in superficie ma sensibile e dal cuore d'oro a un protagonista, Pinocchio, simpaticamente ingenuo ma comunque determinato a fare ciò che è giusto, da un Grillo Parlante che si rivela l'autentico mattatore della pellicola agli infidi Stromboli (Mangiafuoco) e la coppia Gatto-Volpe.
Dove, però, io ritengo che il film non raggiunga lo stesso livello del precedente, è nella storia. Non ho nulla contro il modo in cui l'opera di Collodi è stata adattata per conformarsi agli stilemi disneyani, ma è inevitabile che Pinocchio soffra, per quanto solo in maniera lieve, di una narrazione alquanto episodica, quasi seriale; questo perché anche il libro, in fondo, non è altro che una raccolta di episodi precedentemente pubblicati sui giornali ogni settimana. Di conseguenza, a tratti il film sembra quasi una specie di road trip e la mancanza di un unico, organico elemento di ostacolo si fa un po' sentire.


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Non che questo sia un vero difetto, semmai si potrebbe considerare un elemento insolito; tuttavia, la narrazione fluida che caratterizzava è tutt'altra storia rispetto a ciò che si trova qui.
Parlando di storia, non si possono non menzionare gli aspetti del film che le sono strettamente connessi: innanzitutto, le musiche. Come in Biancaneve, anche qui musica e storia si intrecciano in modo semplicemente impeccabile, con la melodia delle canzoni mischiate alle tracce della colonna sonora e viceversa. E anche se il livello qualitativo non è pari a quello di Biancaneve, si tratta comunque di un risultato più che buono. Personalmente l'unica canzone memorabile e di un certo impatto emotivo è quella di apertura e chiusura, divenuta l'icona della Disney, mentre le altre, sebbene spensierate e allegre, mancano della scintilla necessaria a brillare come dovrebbero.


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Il secondo aspetto è quello delle tematiche. Questo è il primo film della Disny dove si cerca di veicolare un messaggio preciso che vada oltre l'intrattenimento momentaneo. L'opera di Collodi era tutta basata su una questione moralistica riferita ai ragazzi e ai giovani su cosa occorre fare per essere un "ragazzo vero". Nel film, anche se presente, questa tematica passa in secondo piano rispetto a quella, ben più di peso, del simbolo rappresentato dalla stella dei desideri. Ci sono alcuni che lo hanno considerato come un implicito incoraggiamento ad affidarsi solamente ai propri sogni senza darsi pena di sforzarsi per ottenere i propri scopi, ma per me, come ho già accennato sopra, la cosa è diversa. La stella della sera è una delle due facce di una medaglia, quella stessa medaglia che rappresenta il pilastro su cui Walt Disney in persona ha costruito il proprio impero. In fondo, che cos'aveva lui quando iniziò a lavorare nel mondo dello spettacolo, se non una determinazione di ferro capace di contagiare chiunque gli fosse vicino (a parte un certo talento nell'animazione, naturalmente)?
Per tutta la sua vita, Walt Disney è vissuto secondo il mantra "Se puoi sognarlo, puoi farlo": cioè, se credi veramente in qualcosa, quella cosa riuscirai ad ottenerla. E Pinocchio celebra questo mantra, con la stella della sera messaggera di speranza; se Fantasia celebra lo sperimentalismo e la voglia di osare, Pinocchio esalta la fede che si cela dietro l'atto stesso di osare. Un messaggio profondo e d'impatto, che dovrebbe essere di ispirazione per chiunque abbia delle passioni da voler perseguire.
Forse sto leggendo troppo in profondità, ma questo comunque è un motivo più che sufficiente per farmi ignorare le pur lievi falle della narrazione e a premiare questo quasi-capolavoro per quello che mi è sembrato. Giusto un gradino sotto Biancaneve.
hghgg  28/09/2014 10:38:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E infatti "Pinocchio", come d'altronde la quasi totalità dei film Disney, anzi facciamo proprio tutti, è molto più banale di "Fantasia". E intendiamoci, è un gran film questo, uno dei migliori della Disney. Gran bel commento, in ogni caso.