Dom Cobb 8 / 10 12/10/2014 17:37:08 » Rispondi Lilli è una cagna dei quartieri alti che si vede messa da parte dai pur amorevoli padroni quando questi aspettano un bambino; quando la situazione degenera e Lilli fugge di casa, verrà aiutata dal vagabondo Biagio. I due finiranno ben presto per innamorarsi... Adattato da una storia di Ward Greene, questo classico disneyano rappresenta, per certi versi, una tappa interessante nella filmografia degli studios: nelle animazioni stavolta visibilmente meno complesse e nel concentrarsi sulle personalità dei singoli personaggi anticipa quelli che saranno i tratti tipici dei lungometraggi degli anni '60 e '70, dove un lato tecnico più scarno verrà controbilanciato da una maggiore esaltazione delle storie e dei suoi protagonisti; ma, allo stesso tempo, nello stile ancora "morbido" e nelle atmosfere "senza tempo"
non sappiamo dove si trovi di preciso la città dove si dipana la storia, mentre l'epoca la possiamo intuire piuttosto che accertare.
è più assimilabile ai classici che lo hanno preceduto. Dunque, una specie di ponte fra due diverse epoche nella storia della Disney, un ponte che, dopo la parentesi della Bella Addormentata, condurrà a un approccio molto più moderno ed attuale nella creazione delle varie pellicole. Già solo per questo, Lilli e il vagabondo è un film affascinante da osservare. Ma la vera ragion d'essere di questo quindicesimo classico è la simpatia dei personaggi e l'emozione che nasce dai loro rapporti: infatti, Lilli e il vagabondo potrebbe essere considerato, se si esclude Dumbo, il primo lungometraggio animato privo di un "villain" nel senso classico del termine. Di conseguenza, i pur presenti elementi di contrasto derivano tutti da fatti molto più quotidiani e vicini alla vita normale, e il tutto acquista maggiore fascino a causa del punto di vista adottato, ossia quello dei cani.
Particolarmente intelligente ho trovato il modo in cui Lilli e gli altri cani "interpretano" quello che gli umani dicono in continuazione: per esempio, come Lilli pensi che i suoi padroni si chiamino "Tesoro" e "Gianni caro", solo perché è così che loro si chiamano di continuo. Oppure, l'intero spezzone in cui la cagna si domanda con curiosità "Che cos'è un pupo?" (non il cantante, anche se l'idea sarebbe esilarante). Anche se l'annessa canzone poteva essere evitata, a mio parere.
Tale struttura narrativa, in cui manca la classica contrapposizione fiabesca fra bene e male, in un certo senso rende la vicenda molto più accessibile e anche più coinvolgente di alcuni capolavori come Biancaneve o Pinocchio, secondo me. E a tale risultato, come ho già accennato, contribuisce l'estrema simpatia che ciascuno di questi personaggi suscita: si tratta, forse, delle caratterizzazioni più complete viste fra i lungometraggi Disney di quegli anni. L'altezzosità, ma anche l'innocenza di Lilli, la natura da scavezzacollo di Biagio, la lealtà ma anche i piccoli difetti del segugio e del terrier, sono tutti elementi memorabili fin da subito. Ecco perché si possono accettare alcuni particolari della trama di certo un tantino migliorabili,
La storia d'amore fra Lilli e Biagio nasce nel corso di meno di mezza giornata, dopo un breve incontro svariati mesi prima, del quale ciascuno di loro, a quel punto, avrebbe dovuto essersi dimenticato. Secondo me sarebbe stato meglio se i due, da quel momento, avessero continuato a vedersi per curiosità o qualcosa del genere, finendo per stringere amicizia. Ma poco male, il lato romantico resta comunque credibile. Oppure, un attimo prima vediamo che Fido è stato travolto dal carro ed è forse morto, e un attimo dopo siamo a un'allegra riunione familiare natalizia dove sembra che nulla sia accaduto. Quando si parla di transizioni brusche...
complici anche alcuni momenti che definire cult sarebbe un mero eufemismo.
La scena degli spaghetti è un classico del Cinema, credo.
Il fatto è che i personaggi sono così forti e le emozioni così genuine da rendere ogni singolo elemento della storia (l'allontanamento dalla formula fiabesca, l'assenza di una qualsiasi forma di magia, la mancanza di un "villain" centrale) dei pregi che arricchiscono ulteriormente la visione, al netto di canzoni tutte dimenticabili eccetto una e di qualche punto assolutamente inutile.
Vedi la canzone e i personaggi stessi dei gatti siamesi e la prolungata introduzione al canile, dove sembra quasi che gli animatori volessero costringere gli spettatori a deprimersi.
Un film che fa della propria semplicità e "quotidianità" il suo punto di forza, tralasciando qualsiasi ambizione commerciale, è una perla rara da trovare, e questo lungometraggio è una di quelle perle. Non è fra i miei preferiti (anche se avrebbe potuto, se lo avessi visto da bambino), ma lo rispetto per tutti i motivi di cui sopra.