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I GATTI PERSIANI regia di Bahman Ghobadi

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  19/04/2010 22:57:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Persiano vuol dire che è di questo paese", può sembrare una dichiarazione ad effetto ma colpisce più del dovuto. Come si possa conciliare l'amore per la patria con un regime stolto che impone il veto anche sull'ascolto della musica, è davvero un mistero. Ma l'Iran - figlio delle rivoluzioni e non solo dell'integralismo - è una méta a sè stante. Guardando il film riesci non solo a conciliare i due aspetti - la vitalità del suono come espressione di libertà e la repressione della polizia di stato - ma a sentirti parte integrante di un diritto sociale.
Si possono superare certe ingenuità stilistiche, come il ricorso all'indie rock (termine sbagliato perchè troppo generico), l'eccesso verbale dei personaggi, il tono farsesco che cerca disperatamente di recuperare una dimensione non più univoca di "popolo", il miraggio di una fuga più espressiva che concreta, perchè alla fine si resta divorati (dilaniati) da questo strano realismo, impossibile da comprendere, soprattutto nella sequenza dove un uomo baratta con la polizia la sua libertà, arrivando ad umiliandosi come un cane davanti ai suoi guardiani (a pensarci, è una scena che mette i brividi).
E tra scene di vita iraniana assemblate come un videoclip urbano - cfr. questo film vanta uno dei montaggi più potenti visti al cinema in questi anni - il "nemico invisibile" si annida tra intercettazioni telefoniche e maxi retate, mentre la band - quasi una risposta sociopolitica ai commitments di alan parker - sogna una fuga (im)possibile con l'unico scopo di diffondere il diritto alla propria musica (per gli esperti una via di mezzo tra i sophia e i blonde redhead).
Ma ciò che colpisce davvero di questo strepitoso puzzle di overdose occidentale in oriente è tutta quest'aria "garage", da squad postmoderno, tra sotterranei e dimore adibite a feste, riportando per un attimo alla luce una vera e propria dimensione punk (non nel senso di anarchica) tanto cara alla Londra più volte citata dai protagonisti.
Un film oltretutto poco meno che stupendo, che asseconda l'astrusa persuasione del nostro stupore, davanti a quel miraggio del "proibito" dove è lecito andare (v. con quanta facilità si entra in galera - per una chitarra magari - e quanto è difficile finirci in Italia per ben altre "colpe")