strange_river 7½ / 10 22/03/2010 23:31:03 » Rispondi Mi aspettavo un film di genere, duro, brutale. E Il profeta lo è, senza discussioni. La formazione “al contrario” di Malik non permette spazi di indulgenza verso alcuno, stretta quotidianamente nella morsa del “vivi o muori”, inflessibile scuola di estremo sopravvivere, selezione in-naturale. A Malik l'intelligenza non manca e velocemente impara a muoversi con disinvoltura nelle pieghe del mondo carcerario, oltrepassa il momento zero del suo percorso, inizia a tessere nuove alleanze e a disfare vecchi equilibri, fino ad uscirne, in quella logica, vincente.
Molto interessante per diversi aspetti, sia per l'ottima e ferma regia e l'interessante viso del protagonista, sia anche per il realismo crudo e la descrizione coraggiosa di un sfaccettato mondo cui forse non molti hanno dedicato la stessa attenta riproduzione cinematografica, descrizione che già di per sé meriterebbe un approfondimento; nello stesso tempo non mancano momenti di irrealtà, fantasmi e sensazioni che popolano la mente di Malik e che venano il film di insospettata sensibilità.
lo sguardo con cui guarda alla sabbia di mare rimasta imprigionata nelle sue scarpe è ancora, nonostante tutto, quello di un ragazzo
E' indubbio che il regista voleva portarci “dentro” con Malik: la minuziosa descrizione della quotidianità carceraria, di docce, controlli, timbri, guardie, botte, di ogni dialogo e gesto tra detenuti, il pedissequo racconto di ogni passaggio per ogni scelta fatta e di ogni mutazione nella relazione tra il boss e Malik hanno, se ho ben compreso, questo scopo di realismo. A mio avviso però questa scelta ha finito per appesantire un racconto che non avrebbe perso nulla nel sorvolare alcuni passaggi e, anzi, forse gli avrebbe fatto guadagnare un respiro più profondo nella sua già evidente drammaticità; respiro che in tal modo, invece, risulta come smorzato. Un, per me, difetto che comunque non ne inficia il pregio globale, ma forse solo, a ben riflettere, ne muta la chiave interpretativa.