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IL COLPO regia di David Mamet

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kafka62     7 / 10  16/02/2018 19:34:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
«E' il denaro che fa girare il mondo». «Ah, sì? Pensavo fosse l'amore». «Sì, certo, l'amore per il denaro». E' con questo tagliente scambio di battute, che rivela la bravura del Mamet dialoghista (un altro esempio, Bergman ferito: «Non vuoi ascoltare le mie ultime parole?», e Moore, apprestandosi a finirlo con un colpo di pistola: «L'ho appena fatto!»), con questo scambio di battute - dicevo – si apre un film che, nel suo prosieguo, costellato di tradimenti, simulazioni, astuzie e colpi bassi, non fa altro che dimostrare, a guisa di un teorema geometrico, l'assunto di partenza. "Il colpo" è un film molto classico, come se ne facevano in gran numero negli anni sessanta e settanta (basti pensare al filone del noir francese): pochi effetti spettacolari, psicologie e caratteri ben definiti, personaggi che attraversano la storia portandosi appresso un'aura di esistenzialistica tragicità, e soprattutto una sceneggiatura meticolosa, che sa tenere desta l'attenzione dello spettatore per mezzo di un perfetto meccanismo ad orologeria (che si tratti di una rapina o di un'evasione). Al giorno d'oggi "Il colpo" rischia di apparire un oggetto cinematografico quasi anacronistico. Lo stesso bravissimo Gene Hackman è, tra tutti gli attori di Hollywood, l'anti-divo per eccellenza, quasi agli antipodi dei Clooney, Damon, Pitt e Garcia che inflazionano ad esempio il quasi contemporaneo blockbuster "Ocean's eleven". Il suo personaggio, che punta tutto sull'esperienza e sulla previsione della psicologia degli avversari piuttosto che sulle pistole o sulla tecnologia, è un moderno ronin (il riferimento alla pellicola di Frankenheimer non è casuale) a cui il beffardo lieto fine concessogli da Mamet, nonostante un crescendo narrativo che sfida temerariamente le leggi della verosimiglianza, vuole probabilmente essere un estremo, affettuoso omaggio all'intelligenza e all'intraprendenza umane, prima che gli effetti speciali pronuncino un definitivo de profundis per questi eroi malinconici e romantici. Certo, il tradimento della giovane moglie, che gli preferisce il nipote-bullo del ricettatore De Vito, lascia un po' d'amaro in bocca, ma il sorriso finale di Hackman lascia intendere che tutto era stato previsto. In fondo, non è forse vero che in questo mondo, dove le illusioni sono cadute da un pezzo lasciando il posto al cinismo e al disinganno, l'amore per il denaro viene prima dell'amore?