Dom Cobb 8½ / 10 26/10/2014 16:05:51 » Rispondi Ariel è una giovane sirena che sogna di poter visitare il mondo degli umani, dal quale è affascinata; ma così va contro le imposizioni del suo rigido padre, il re del mare Tritone, che vede gli umani come dei selvaggi. Dunque, quando si innamora del principe Eric, la sirenetta accetta di barattare la sua voce a favore di due gambe con la temibile strega del mare... Con La sirenetta, la Disney si lascia definitivamente alle spalle il nero periodo degli anni '80 e, grazie allo strepitoso successo della pellicola, viene di nuovo catapultata nella posizione di prestigio della quale non godeva più da un bel po' di tempo. Il pubblico si innamorò all'istante delle vicende di Ariel, e così i critici, e a quel punto il futuro dell'animazione a mano non fu più a rischio, come era parso solamente un paio di anni prima. La sirenetta apre il periodo del cosiddetto "Rinascimento Disney", caratterizzato da ineguagliati successi a cadenza regolare ogni anno fino alla fine del secolo, e ne è anche uno degli esempi migliori. Il film è l'adattamento della fiaba omonima di Hans Christian Andersen, ovviamente con le dovute libertà rispetto alla tragica versione originale, è il ritorno dunque alla formula fiabesca che non compariva al cinema dai tempi de La bella addormentata nel bosco, al punto da recuperare i primi tentativi di adattamento della fiaba già compiuti, ma mai completati, quarant'anni prima: sembra quasi che la Disney volesse provare ad ogni costo di essere tornata più in forma che mai. Guardando il film, si può dire che lo scopo è raggiunto sotto, bene o male, tutti gli aspetti, a cominciare dall'animazione: nonostante gli ultimi residui di tecnica xerografica, è la prima volta che lo stile animato fa un deciso passo indietro, con l'intenzione di avvicinarsi alla soave maestosità di classici come Cenerentola e Biancaneve. Il risultato è lodevole, layout e scenografie e sfondi nel loro insieme ispirano un'atmosfera da "Disney classica" semplicemente favolosa, e di certo è decisamente più in grande dei lungometraggi che lo hanno preceduto. Aumenta anche la cura per i dettagli e la complessità stessa dell'animazione;
L'ambientazione sottomarina offre agli animatori la stessa sfida presentatasi a suo tempo ai realizzatori di Pinocchio, al quale questo film guarda per la corretta ricreazione di bolle ed altri tipi di effetti speciali.
tuttavia, per grande che sia l'impianto visivo, per esprimere tutto il potenziale spettacolare dell'animazione bisognerà aspettare La bella e la bestia che, nonostante tutto, vanta un livello di grandeur di certo superiore. Stavolta, finalmente, il reparto sceneggiatura si scrolla di dosso gli handicap che devono averlo afflitto fino a quel momento ed ecco che la trama viene qui narrata con il giusto ritmo, senza accelerazioni improvvise o passaggi sprecati.
L'unica eccezione è lo scontro finale con la strega, anche se a quel punto immagino che al film sia permesso accelerare in quel modo.
Ciò permette un maggiore sviluppo dei personaggi, che in questo caso hanno tutti occasione di brillare, in particolare il trio di spalle comiche Sebastian-Flounder-Scuttle (anche se il primo non riesco a rendermelo simpatico, forse a causa del suo bizzarro e alquanto fastidioso accento). Notevole è anche il villain, la maligna strega del mare Ursula, forse il migliore partorito dagli studios in quel periodo.
Menzione particolare merita lo psicopatico cuoco francese, i cui siparietti da soli valgono la visione.
Ma, come al solito nelle fiabe Disney, sono ancora una volta i protagonisti il problema, pur con le dovute osservazioni: sia lui che lei hanno un ruolo di sicuro molto più attivo dei loro corrispettivi del passato, sia lui che lei hanno delle personalità ben definite e senza dubbio efficaci, ma il fatto è che, dall'inizio alla fine del film, entrambi restano psicologicamente statici. In altre parole, nessuno di loro cambia, nessuno di loro sembra maturare in qualche modo significativo. Non che sia un problema enorme, solo principi e principesse Disney concepiti e realizzati in maniera "completa" saranno altri. Comunque, proprio come era stato per Oliver e Company, sono le musiche il vero asso nella manica del film: questo è il primo dei tanti lungometraggi disneyani la cui colonna sonora è firmata Alan Menken, e il primo dei due lungometraggi le cui canzoni sono firmate da Menken e il suo partner ideale Howard Ashman. E senza dubbio, qui entrambi danno le loro prove migliori (nel caso di Menken, una delle sue prove migliori). Le canzoni sono tutte (o quasi) memorabili e istantaneamente riconoscibili, e la colonna sonora avvince con le sue tonalità ora delicate, ora maestose, ora drammatiche. Di certo, la statuetta dell'Academy è più che meritata, anche se avrei una mia personale opinione a quale canzone di preciso sarebbe dovuta andare. Dunque, un ritorno in grande stile per la Disney alle sue origini, uno sfavillante richiamo a generazioni intere di spettatori in tutto il mondo, grondante "Disney" da ogni singolo fotogramma. La Disney è tornata.