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APRI GLI OCCHI regia di Alejandro Amenabar

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stratoZ     7½ / 10  29/03/2024 14:36:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Era abbastanza facile da prevedere che gli americani si buttassero a capofitto su un soggetto del genere, a dirla tutta abbastanza inusuale per il cinema europeo, infatti è molto vicino ad alcuni modelli di narrazione d’oltreoceano, in particolar modo, in molti aspetti mi ha ricordato “Lost Highway” di Lynch che tra l’altro è uscito lo stesso anno, gli elementi in comune sono parecchi, dal giocare con gli stati di coscienza, col sogno, alla tematica del doppio, un protagonista che fondamentalmente non si capisce quale sia la sua vera identità, pochi riferimenti spaziotemporali, però c’è una macrodifferenza stilistica che emerge alla fine, se Lynch non da mai spiegazioni di alcun tipo, qui Amenabar cerca di essere riconciliante con lo spettatore, introducendo l’amministratore delegato dell’azienda - almeno credo, fondatore, o quello che è - che rivela tutta la verità, lasciando ben pochi equivoci, che il film migliori o peggiori per questo elemento non ve lo so dire, alcuni spettatori preferiscono uno spiegone per far tornare tutto nella storia, altri amano perdersi nelle interpretazioni soggettive e mai del tutto definite, io sto dalla parte dei secondi ma insomma è questione di gusti alla fine.

In questa seconda regia Amenabar realizza un film ben più ambizioso del precedente Tesis, rimanendo sempre in zona thriller ma arzigogolando parecchio la narrazione, spezzettando il filo conduttore attraverso un montaggio alternato, tirando in ballo diverse tematiche, dall’amicizia, allo status, all’amore, fino ad arrivare a giocare col sogno, la morte e in piena contrapposizione, l’immortalità.

Il film racconta la storia di Cesar, un ragazzo belloccio ed attraente che non ha alcun problema a trovare donne con cui andare a letto, a differenza del suo amico Pelayo che è un normalissimo ragazzo con molto meno successo con le donne, una sera ad una festa a casa di Cesar viene invitata da Pelayo tale Sofia, che Cesar soffierà facilmente all’amico e passerà il resto della serata con lei, al mattino, Cesar scopre che Nuria, una ragazza ossessionata da lui, l’aveva seguito, fidandosi nonostante l’evidente gelosia, salirà in macchina sua e lei in un momento di rabbia finirà per andare fuori strada volontariamente, cambiando per sempre la vita di Cesar, che rimane totalmente sfigurato dall’incidente.
Fin da subito si nota come Cesar non riesca a riprendersi psicologicamente dall’incidente, come i suoi rapporti cambino, come non riesca più ad avere successo con le donne, ma attenzione non è soltanto una questione di aspetto estetico, l’opera si concentra molto sulla perdita di sicurezza da parte di Cesar, che non vedendosi più bello come prima non riesce più ad agire, è spesso nervoso e ambiguo nei comportamenti, gli sembra di non essere più a posto, in questo senso avviene una sorta di autosabotaggio.
Dopo una serata andata malissimo la situazione si ribalterà, con Sofia, a cui Cesar tiene tantissimo, che tornerà sui suoi passi dopo averlo rifiutato e con i medici che trovano una soluzione per il suo volto, facendolo tornare alla sua originale bellezza.
Mentre tutto sembra andare bene le visioni iniziano a tormentare Cesar, facendo riemergere i suoi più frequenti incubi, il trauma per Nuria, che lo ossessionava continuamente si ripete, così come il suo volto che sembra tornare nuovamente deforme, da qui il film inizia a svarionare e inizia la parte sognante, caratterizzata da questa bella atmosfera onirica, in cui realtà e sogno si intrecciano, mischiando le carte e non dando più punti di riferimenti allo spettatore, la parte carceraria assieme allo psicologo contribuisce ad accrescere il mistero e la suggestione dell’opera, fino ad un finale discretamente emozionante, che però, gusto personale, ho trovato essere una delle parti meno riuscite del film.

E’ comunque un’ottima prova di Amenabar e una sceneggiatura che lascia soddisfatti, oltre che contribuire a lanciare la carriera di Penelope Cruz, personalmente fa parte del mio trittico preferito del regista assieme a Tesis e allo splendido The Others, qui l’autore riesce a mischiare sapientemente la componente socioantropologica con quella da thriller onirico dando vita ad un piccolo cult degli anni novanta.