kowalsky 9½ / 10 27/02/2007 08:10:43 » Rispondi La prima cosa che mi viene in mente - al di là del ricorso alla metafora o alla novella che dà il titolo al film di Olmi - è quella che riguarda brevissimi spunti pero' molto indicativi della cultura (ribadisco anche questa è cultura) contadina, come quella di chiamare gli asini "Garibaldi" in spregio all'Eroe che è stato a lungo avverso al mondo agricolo per ragioni storiche e ideologiche. Parlare del film di Olmi suscita oggi irritazione, quando penso a quei "salotti-bene" che l'hanno addottato (giustamente certo) come capolavoro assoluto di alto lirismo, identificandosi in una sorta di agiografia di massa dell'opera. Insomma, "L'albero degli zoccoli" piacque a tutti, e tra i molti ammiratori v'erano proprio quei "signori" che non hanno minimamente conosciuto la realtà contadina, e hanno sempre vissuto nel lusso sfrenato del Capitalismo o della Borghesia. Non è una critica a priori, solo una constatazione: a Olmi non avrà fatto piacere essere diventato fenomeno di massa per gente che "con affettuoso disprezzo" guarda a quel mondo dimostrando un'empatia che certamente non ha mai avuto. Al di là di queste riserve, il film è immenso e resta tra i capolavori assoluti (qualcuno direbbe l'Ultimo Vero Capolavoro) del Cinema Italiano. Olmi è un uomo cattolico, e in fondo tutto questo traspare nella rievocazione di quel mondo rurale nel viaggio di nozze (assurdo, incomprensibile per noi "moderni") all'interno di un convento ... milanese (o sbaglio?). Come sempre la sua denuncia si limita (e non è poco) all'ideologia dell'immagine, dell'azione, lasciando allo spettatore la capacità di indignarsi per un classismo indegno, ma senza soffermarsi sullo scontro sociale (come ha invece fatto, confusamente a tratti, Bertolucci nel suo epico "Novecento"). C'è poi l'incanto "minimalista" dei piccoli gesti, la famiglia patriarcale, il sapore del cibo fatto in casa, l'ignoranza che celebra il rituale però profondo e piu' struggente di qualsiasi storia d'amore contemporanea dell'attrazione tra un uomo e una donna. Come se Olmi dicesse: privati dalla cultura e dai retaggi dell'"esperienza" questi uomini queste donne avevano un discanto quasi rarefatto e magico per interagire e amarsi