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L'ALBERO DEGLI ZOCCOLI regia di Ermanno Olmi

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amterme63     9½ / 10  23/09/2013 18:44:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Per me si tratta di una delle più sincere e veritiere rappresentazioni del "vecchio" mondo contadino italiano. Alla sostanziale fedeltà allo spirito di quel mondo per secoli fondamento della società italiana, e ormai scomparso, si aggiunge una cura particolare all'immagine, alle ambientazioni, alle scenografie. Il tutto fa un'opera formalmente quasi perfetta e soprattutto dotata di intensissimo pathos (mai pellicola ha saputo esprimere l'intensa fatica, il lavoro continuo, la vita grama e precaria ma allo stesso tempo così salda e attaccata ai suoi valori). Io ho potuto riconoscere mio padre e i racconti che mi ha fatto della sua infanzia contadina. Per questo a me ha colpito particolarmente questo film. Io so che in quella società il sentimentalismo e l'espressione diretta dei sentimenti era bandita. Eppure mai come allora si "teneva" alle persone e si curavano, anche se non si baciano, non si abbracciavano. Erano gli sguardi che dicevano tutto.
Uno dei suoi pregi del film è il fatto che questo mondo viene ritratto senza pregiudizi, senza interporre la nostra visuale di oggi, di uomini laici e industrializzati. I valori di allora vengono mostrati ed espressi come se fossero veri e validi, giusto come venivano genuinamente sentiti allora. Per questo nel film si accenna ad un "miracolo" (la guarigione della vacca), che probabilmente non lo era, ma come tale viene rappresentato e sentito, giusto perché allora ci si credeva veramente. Così pure le superstizioni vengono prese con la massima naturalezza.
In effetti oggi troviamo ridicoli i discorsi sulla provvidenza, sull'aiuto divino, sulla fedeltà assoluta a certe norme di comportamento di allora, che si voleva rimanessero immutate ed eterne. Eppure era questo sentire, la "tutela" che esercitava la Chiesa, che permetteva a questo mondo di reggersi e sopravvivere spiritualmente.
Oggi forse possiamo dubitare e ritenere tutto falso, allora invece "funzionava" e garantiva coesione, aiuto reciproco, sopravvivenza. Erano pur sempre "valori" etici e questo di fronte ad un'epoca (l'attuale) che ha deciso forse di fare a meno completamente di qualsiasi valore etico (il nichilismo, il materialismo e il cinismo imperante).
Lo scopo di Olmi quindi è quello di lasciare ad imperitura memoria una rappresentazione etica e spirituale del mondo contadino e della sua gente semplice, rustica, umile e laboriosa. In qualche maniera opera attivamente sulla materia filmica celebrando la gente dello scomparso mondo agricolo italiano/padano con le immagini "belle" che richiamano espressamente la grande scuola pittorica del realismo ottocentesco (Millais e i Macchiaioli), come pure la pittura semplice e realistica del barocco bergamasco (Savoldo, Moretto e anche il Pitocchetto). Il mezzo più diretto nel processo di esaltazione dei poveri e degli umili di una volta è nell'inserimento nelle scene più ordinarie del sottofondo musicale sublime di Bach.
In effetti l'onnipresenza della fede e dell'istituzione chiesastica in ogni atto e in ogni momento della giornata di questa gente (simboleggiata dal continuo scampanio anche in momenti in cui è strano che suonino le campane) può sembrare rappresentata come fin troppo positiva e un po' esagerata, quasi politicamente "schierato" (vedi la non positiva rappresentazione dell'agitatore politico durante la fiera paesana).
Ci pensa però il durissimo finale a raddrizzare la bilancia, a mostrare come l'impalcatura consolatoria e assistenziale della chiesa sia stata sempre e comunque subordinata (se addirittura il puntello) alle gerarchie sociali, le quali non solo non vengono messe in discussione, ma addirittura accettate e subite senza protestare. Il pover Battistin viene lasciato partire solo, non viene nemmeno salutato dal gruppo di abitanti della cascina; sempre solidali e pronti a darsi una mano l'un l'altro, ma adesso no, perché la legge del padrone passa prima dei valori cristiani. Il parroco e la chiesa non si peritano nemmeno di aiutare il povero Battistin; dov'è la pietà e la solidarietà a chi è povero?
Un finale durissimo e rivelatore, il quale non fa altro che elevare quest'opera a uno dei più intensi e coinvolgenti ritratti umani di una società.