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IL CONFORMISTA regia di Bernardo Bertolucci

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Zazzauser     8 / 10  28/09/2016 13:43:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dalle pagine di Moravia alla perfezione formale della messinscena filmica di Bertolucci, la potenza metaforica dei simboli de Il Conformista non perde la sua forza: realtà e sua rappresentazione, l'atto del vedere; l'eterna dicotomia fra sanità e malattia (vd anche Svevo), fisica, psicologica, sessuale, sociale, esistenziale. Il conformista é prima di tutto l'Uomo del Novecento, che demolito dalle scissioni, dalle nevrosi, preferisce - consciamente - arrendersi alla massificazione, perché "salute" vuol dire essere uguale agli altri, e il desiderio di "normalità" travalica qualsiasi altra necessitá. Il Conformista e' Marcello Clerici, quello che pur accorgendosi di crescere nella gigantesca caverna di Platone del fascismo, rinuncia infine a smascherare quei simulacri che la dittatura spaccia per realtà. Si circonda di amici che non possono vedere per giustificare la sua riluttanza a voler vedere (lui che può, e ha sempre potuto) cosa sta diventando. Quadri, appunto, il professore che già solo col proprio nome é capace di disvelargli la differenza fra realtà e sua rappresentazione, scappa da un'Italia in cui la ricerca della verità é resa impossibile da chi di verità ne ha imposta una e una soltanto, quella di regime, impressa su quel grande schermo (i mass media fascisti) che ha sostituito - estendendone i confini di azione - né più ne meno che il fondo della caverna nel mito platonico. Dalla dipartita di Quadri, Clerici rinuncia alla propria salute per una malattia - che lui crede salute - impossibile da rilevare con qualsiasi esame medico (non é la sifilide..): é il morbo della pazzia, che come ha distrutto suo padre rischia di contagiare anche lui. L'unica speranza di una vita normale, l'unico antidoto, sta nel matrimonio con una donnetta della media borghesia, con cui trattenere un rapporto freddo, anerotico, e in un lavoro al servizio della Patria, anche se il prezzo morale da pagare é l'omicidio: ciò che non si può o non si riesce ad avere tanto vale che vada distrutto.
Compiaciuto ed estetizzante quanto si vuole (fino al limite dello stucchevole, bisogna ammetterlo), ma coerente con se stesso, Bertolucci dirige un film visivamente meraviglioso (non penso ci sia un solo frame privo di un'elevata "dignitá fotografica") coronando la cosa con un'ottima sceneggiatura, che rende giustizia al romanzo di Moravia del '51 da cui é tratta.