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IL LADRO DI BAMBINI regia di Gianni Amelio

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amterme63     9 / 10  15/11/2007 22:19:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un piccolo gioiello di film. Appartiene alla serie di quelli che dipingono una realtà dura e difficile e lo fa parteggiando per i più deboli, le vittime innocenti del degrado sociale – in questo caso i bambini. Lo sguardo si concentra quindi sui i singoli che vivono nella società, sul loro piccolo mondo, piuttosto che fare dei discorsi generici o complessivi. Si propone la comprensione, il sentimento, il gioco, l’interesse come punto di partenza per tentare di riparare almeno in parte ai guasti e alla violenza inflitta su degli innocenti. Questa piccola grande vena poetica, di tono a volte triste sconsolato, a volte luminoso e fiducioso, è il bello del film, quello che incanta e affascina. Si stimola molto la sensibilità dello spettatore e lo si porta a simpatizzare, a riconoscersi nelle vittime e a comprendere i loro comportamenti. Appaiono invece in luce negativa i personaggi “seri” o “normali”, i quali si sentono superiori e giudicatori di chi ha subito violenze, o quelli che invece si richiamano all’arido “dovere” e sono privi di idealità.
Lo stile incide molto sull’effetto. Ci si affida soprattutto alla costruzione estetica delle immagini e agli ambienti in cui si svolge la storia. Anche il tipo di inquadratura è determinante per dare rilievo ai personaggi e scavare nella loro interiorità. Viene utilizzato lo stile di racconto per ellissi. I salti e gli stacchi temporali fanno sì che il punto di riferimento diventi lo sviluppo interiore dei due bambini protagonisti e del loro accompagnatore carabiniere. E’ questo processo che scandisce il film. Il tempo finisce quasi per non esistere più e alla fine c’è quasi il senso di qualcosa di irreale.
E’ il personaggio del carabiniere quello che mi ha colpito di più. Enrico Loverso ne fa una figura indimenticabile. Semplice, spontaneo, fondamentalmente buono e dolce, con degli sguardi che incantano per profondità e intensità nella loro disarmante naturalezza. Con le sue idealità positive e solidali, la sua fiducia nelle norme collettive è la speranza per l’Italia. E’ però un isolato. I suoi parenti rappresentano invece l’Italia opportunista, egoista, bacchettona – purtroppo la maggioranza. Il suo superiore è il simbolo invece del potere sordo e fine a se stesso, tradizione dura a morire.
I bambini sono il futuro incerto, in bilico fra speranza e pesante fardello del passato. Il finale non-finale è il giusto suggello a una storia che ha senso nel suo svolgersi, in quello che fa intravedere degli Italiani e dell’Italia, quella vera.