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A SERIOUS MAN regia di Ethan Coen, Joel Coen

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  08/12/2009 21:57:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non credo che avvisterò qualcosa di ugualmente caustico, esilarante e amaro fino al prossimo film dei Coen.
Non starò qui a disquisire sul Maddmaths e la filosofia del gatto già citata da illustre firme letterarie, ma credo sia errato parlare, come hanno fatto taluni critici, di "manierismo" a proposito dell'ultima fatica dei Coen.
Basta un personaggio come Larry, prototipo post-moderno del Medioman americano, per capìre che "A serious man" non è un "Family man" qualsiasi.
Grandissima è la capacità dei Coen di coinvolgere scomponendo tutti i luoghi comuni del cinema classico, il (falso) buonismo di Capra, il ploffuvio verbale di Woody Allen, o le sit-com esistenziali di Paul Mazursky.
I personaggi sono assolutamente perfetti, condensati di apatìa egoismo e superficialità che giostrano attorno ai loro orridi prefabbricati come in una comunità disadorna, piatta e (fortunatamente per noi) irraggiungibile.
Sembra un'American Beauty abitato da strani alieni, circondati dalla deriva formale e tradizionalista di una fede atta a stravolgere le convinzioni laiche della vita (e delle dure prove da combattere nonostante D.io).
Se è vero che i Coen hanno in parte perduto quella dissacrazione stilistica che ha creato veri capolavori ("Fargo" su tutti), se è altrettanto evidente che intellettualizzare la commedia significa porsi davanti al conflitto dell'esercizio stilistico (tonnellate di classe, ma snobistiche) "A serious man" centra perfettamente i suoi obiettivi.
Dentro c'è di tutto, e a parte l'evidente omaggio a classici sixties (cfr. la vicina di casa sensuale e stagionata come la Anne Brancoft-Mrs. Robinson de "Il laureato) o excursus musicali dell'epoca (il ragazzino "in erba" innamorato perso dei Jefferson Airplane) si scoprono diverse realtà sociali: l'antisemitismo (il sogno di Larry), la crisi economica dell'America di oggi, la paura dello status symbol nella sua precarietà, l'inganno della fede, la sconfitta davanti alle difficoltà dell'esistenza.
Sam Rockwell è veramente straordinario.
Sembra di assistere (cfr. anche nel finale spiazzante e volutamente illusorio) a un Raymond Carver in crisi lisergica
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  08/12/2009 22:01:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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fiesta  16/01/2010 18:53:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
è la loro capacità di prendere in giro qualsiasi elemento della nostra società che mi affascina in particolare modo. ogni loro film sembra sia una dimostrazione di quanto gli eventi siano bizzarri e irriconducibili alla razionalità.
maxpayne230  08/12/2009 22:01:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sam Rockwell??
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  08/12/2009 22:02:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho sbagliato nome, volevo farlo cambiare... ma vedo che è già stato notato