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MULHOLLAND DRIVE regia di David Lynch

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     10 / 10  22/08/2005 11:42:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Una storia puo' suggerire il modo in cui puo' essere raccontata" (cfr. Lynch)
Il cinema è illusione, cio' che lo spettatore vede, coglie, sta tutto nella codificazione di un'immagine (immagine o immaginario?) , nell'identicazione con lo schermo. In questo senso, lo spettatore è strumentalizzato da Lynch - alla stessa maniera di Hitchcock per es. - per favorire o sfiduciare eventuali REA-ZIONI. Non sono di parte, e si vede. Avrei potuto esaudire un voto lievemente meno alto davanti a certe incongruenze à la Tarantino (cfr. le vicissitudini, a tratti esilaranti, del regista di un film), potrei trovare castrante l'ossessione del simbolo per cui l'autore - dopo la parentesi sobria di "una storia vera" - torna nei suoi passi. Tutto inutile, ne resto soggiogato. La velleità d'autore mi appartiene, soprattutto quando colgo il bisogno continuo e consecutivo di dare ogni volta una mia "versione dei fatti". Altri faranno lo stesso: come in uno psicodramma, siamo parte integrante della sua funzione. Non è certo l'allegoria delle scuole pittoriche, quando bastava l'Immagine a sostenere il prezzo della verità. La metafora è qualcosa di piu' profondo, e inquietante. E' (forse) la simbiosi femminile di un corpo separato e distinto (come un parto siamese) e al tempo stesso safficamente unito nella stessa carne (e intenzioni). Lo sguardo indaga tra i dualismi più classici, la bionda e la mora, il Rosso e il Nero per dirla alla Stendhal, e una tantum l'ammaliante simbolo animalesco del desiderio è proprio Rita/Camilla Rhodes. Tutto cio' che ha una fine, ha un'inizio: a seguire, un lungo rito onirico prima del tramonto definitivo, in un modesto letto dove consumare lacrime vere e sete di annientamento (la necrosi della sofferenza). I vecchi. apparentemente rassicuranti, fantasmi penetrano nelle fessure della porta, a soffocare l'aria già malsana, come la follia dell'"inquilino del terzo piano" di Polansky. E ancora una volta, i figuranti si vestono di metafora: l'uomo racconta il suo sogno (1): "all'inizio sono qui non è giorno nè notte e io ho paura. E lei è in piedi laggiu'. Ho paura e lei ha paura. L'uomo nel cortile è la causa di tutto. Io vedo la sua faccia" - cfr. vede (illusione?) e sviene improvvisamente. La vicina, in un delirio profetico, reguardisce Betty e le dice che "qualcuno in questa casa è in pericolo" (2). L'illusionista introduce al Mistero del film, quando Rita si sveglia ricordando qualcosa e le chiede di accompagnarla in un certo posto. E' un teatro diroccato, quasi metafisico nella sua lugubre rappresentazione: è tutto illusione, è tutto registrato. L'illusionista svanisce e Rebecca Del Rio intona una struggenda melodia portoghese. Poco dopo, svanisce Betty. Siamo di fronte anche all'esibizione più audace del sentimento umano, dell'odio e della vendetta. Lo vediamo verso la fine negli sguardi di Naomi Watts (con il perfido sollievo di esserci definitivamente liberati della spocchiosa attrice raccomandata del primo tempo), ma lo "percepiamo" indirettamente (è illusione il nostro apparente coinvolgimento, l'escalation ironizzante di Lynch rispetto al resto del film dovrebbe farci intuire già qualcosa) nelle vicende "esterne", quando il mondo di Betty già Diane sembra ribaltarsi a favore suo e a sfavore degli altri. Da antologia tutto cio' che apparentemente è un tentativo di paradosso, di rivolgere lo sguardo verso situazioni "leggere" diametricamente opposte (il caffè sgradito ai fratelli Castellani, l'incontro grottesco tra il regista e il cowboy, l'esecuzione di una pop-song anni cinquanta da parte della "ragazza" ("E' lei la ragazza"), l'omicidio pasticcione di un giovane killer biondo all'amico, a un'obesa "testimone di passaggio", e a un malcapitato uomo delle pulizie. Una delle sequenze clou è quella del provino: torna in mente "Eva contro Eva" e il doppio si estingue, rapidamente, salvo ritrovarsi alla fine. Tutto molto crudele, in fondo: lei recita splendidamente (ma è pura "finzione" di un sogno nella nebbia) e l'attore principale verrà presto o tardi prepensionato dall'agenzia. Alan, il regista, non rappresenta Lynch perchè certamente non accetta di venire plasmato e ricattato per la sua Arte, ma c'è qualcosa di lui quando boicotta Hollywood e le imposizioni dei magnati degli studios, in odor di mafia, gli Howard Hughes contemporanei. Mulholland Drive è il luogo del non-ritorno: un (vero o finto che sia) incidente di macchina è un fatto quasi quotidiano. E' in quel momento che un'identità svanisce e "non ricorda più chi è". I sogni di gloria appartengono al passato, e solo il sogno puo' risvegliare ma per breve tempo un presente ormai distrutto. La chiave che apre la scatola è vuota: qualcuno suggerisce un'altra verità, una "svolta" Freudiana per indicare il nulla che resta delle loro esistenze. delle vite di entrambe. Curioso, la presenza di Ann Miller, celebratissima attrice cantante e ballerina dei musical dei tempi d'oro (chi non ricorda almeno "Un giorno a New York" di Donen/Kelly?) qui è Coco, proprietaria del lussuoso appartamento dove Betty soggiorna (ehm, sogna di ...) , eccentrica nel suo trucco pesante, in un certo senso un pilastro dell'istituzione cinematografica, con i suoi 70 anni di carriera (!!!).
"L'atteggiamento di un uomo va di pari passo con quella che sarà la sua vita" (cfr. il cowboy). E' indicativo quanto questo principio sia assessuato, e indipendente da ogni referente di identità sessuale.
Soprattutto, ci sono due donne, due diverse parti di un'emisfero cerebrale, che possono essere tutto e il contrario di tutto. La determinazione è un po' forzata (Betty), la tenerezza è l'inganno (Rita). Nella realtà, gli opposti si attraggono si respingono si sostengono e infine si fanno del male. Diane più è voce inconfessabile dell'Assenza (il registratore di Twin Peaks) più diventa forma retriva e intollerabile di debolezza. Camilla è opportunismo puro, calcolo e seduzione, davanti a cui l'ex parrucca bionda atta a camuffare se stessa diventa l'ostacolo imperante alla sua proverbiale sicurezza.
"Una storia puo' suggerire il modo diverso in cui puo' essere raccontata", cfr. Lynch. Ma alla fine tutto puo' essere semplificato, senza enfasi, costretti a ritrovare nella realtà l'unica finzione possibile: niente puo' essere più vero. Lynch ha un grosso merito, tra i tanti: ci costringe ad essere sempre presenti nella sua storia
giax-tommy  09/02/2008 17:57:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
una cosa che ho amato di questo film è la semplicità con cui ci si può identificare con camilla(nella parte iniziale,quando lei non ricorda nulla,nel sogno diciamo)lei è nella nostra stessa condizionr e noi nella stessa sua,ciò aiuta molto l'identificazione,perchè entrambi proviamo lo stesso desiderio di sapere.
agentediviaggi  05/03/2007 22:59:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grandissimo commento. Mi devi dire dove hai imparato a scrivere cosi bene. Mulholland Dr. sarà il mio film preferito per molto molto tempo.