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MULHOLLAND DRIVE regia di David Lynch

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Harpo     10 / 10  31/10/2006 00:21:25 » Rispondi
Fino a qualche mese fa avevo la certezza assoluta che Fellini fosse il più grande regista della storia e che la sua creatività, la sua intelligenza, il suo estro, … fossero un esempio più unico che raro di arte al servizio del cinema. Però sono stato smentito da un regista, David Lynch, che in pochissimo tempo (tre film) mi ha fatto capire che, forse, Fellini non era proprio inarrivabile. Anche se non è mia intenzione tentare dei paragoni assurdi e assolutamente sciocchi, credo di poter ammettere con assoluta certezza che David Lynch è uno dei più grandi artisti della storia del cinema.

“Stupore”. Questa è sicuramente la sensazione che prova una persona dopo aver visto “Mulholland drive”. Qualunque spettatore, perfino il meno dotato (come il sottoscritto), alla fine dei centoquaranta minuti, è conscio di aver visto qualcosa di diverso. Un film sicuramente non paragonabile alla stragrande maggioranza di pellicole che vengono prodotte a Hollywood in questi anni (ma, a dirla tutta, anche negli anni passati). E questo Lynch ce lo sbatte chiaramente in faccia: tra la marea di simbolismi presenti nella pellicola, uno degli aspetti che risulta di più facile comprensione è indubbiamente la critica che il regista lancia alla Hollywood attuale che si basa ancora su un sistema pseudo-mafioso.

Io non so se questo film abbia una chiave di lettura univoca, ma quella che mi trova più d’accordo, è indubbiamente l’interpretazione di “Mulholland Drive” come un grande sogno. In effetti, dopo averlo visto la prima volta, ho pensato che TUTTO il film non fosse altro che un’illusione (dal primo minuto fino all’ultimo). In effetti questa mia tesi viene avvalorata in quella che, probabilmente, è la scena chiave della pellicola: quella in cui le due protagoniste si recano al club notturno Silencio e il presentatore inizia a dire: “No hay banda, è tutto registrato.”. In questo momento ho pensato che sia Lynch stesso a intervenire nel suo facendo capire chiaramente al suo spettatore che è tutto un’illusione, un’allucinazione. Leggendo poi altri commenti (Banchelli in primis), mi sono poi reso conto di aver leggermente sbagliato.
Lynch vuole infatti mettere su pellicola un sogno ed effettivamente ci riesce. Proseguendo quel cammino che aveva iniziato quarantatre anni fa Fellini con “8 ½”, Lynch ci regala una vera e propria allucinazione cinematografica che, almeno a me, ha fatto ricordare molto il film di Federico. Lo spettatore (almeno alla prima visione) non riesce mai a distinguere sogno a realtà e “Mulholland drive” è già inseribile in una lista che contenga i più grandi capolavori della storia del cinema.
L’onirismo, l’illusione sono il pane quotidiano per Lynch che, pur partendo da un soggetto iniziale tutt’altro che innovativo (per evitare incomprensioni, quando dico soggetto iniziale, intendo la vicenda di Diane Selwyn), riesce a mettere in piedi un’opera straordinariamente originale e unica.

Per chi che ama veramente il cinema, questo film è impedibile.