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LA NOTTE regia di Michelangelo Antonioni

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amterme63     8 / 10  02/02/2014 22:39:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nella "Notte" si possono ritrovare tutti gli stereotipi con i quali in genere definiamo i film di Antionioni: lenti, noiosi, dove non succede niente, con ricchi borghesi frustrati e insoddisfatti che non comunicano ciò che sentono dentro e che forse nemmeno loro conoscono con precisione.
"La notte" vista in maniera nuda e cruda, "non interessata", è proprio questo: un polpettone ostico, pesante, senza significato e senza interesse.
Visto invece in maniera "interessata" alle sorti esistenziali dell'individuo all'interno della società industriale moderna, allora appare un documento filmato di grande suggestione, rivelatore della crisi spirituale che ha attraversato la borghesia europea di inizi anni '60.
Noi spettatori medi postmoderni non siamo più in grado di comprendere, perché abbiamo ormai perso la percezione e l'interesse per gli universali dell'esistenza individuale (libertà, indipendenza da regole e imposizioni, autorealizzazione, sincerità e spontaneità nei rapporti interpersonali, cura reciproca, ecc.), non abbiamo più l'istinto di "guardare attraverso" e rimaniamo ancorati al puro dato superficiale e materiale.
Presi dalla smania, dai ritmi vorticosi, dal divertimento coatto, dall'emozione sopra ogni cosa, non riusciamo più a sopportare e a cogliere la rappresentazione dell'alienazione, del disagio di vivere.
Da questo punto di vista "La notte" è un piccolo capolavoro. Le lunghe scene in cui Lidia (una bravissima Jeanne Moreau) vaga senza meta per le strade di Milano sono esemplari al riguardo. Anche qui Antonioni eccelle nella sua specialità, che è quella di rappresentare e inquadrare la figura umana in contesti architettonici e paesaggistici rivelatori. Le nuove architetture moderniste con la loro nuda geometria, la regolarità spersonalizzante, creano un ambiente quasi inospitale, disumano, caotico. Poi ci sono le periferie con il loro abbandono, il loro degrado.
La "normalità" appare come un fluire lento e straniante; da qui la ragione delle lunghe scene in cui non accade niente. Il messaggio è proprio questo: nella nostra vita di ogni giorno non c'è interesse, non c'è scopo, non è altro che qualcosa di noioso e alienante.
L'altro protagonista della storia, Giovanni, è il solito personaggio maschile in crisi, insicuro di sé, lacerato fra esigenze materiali (i soldi, l'accomodamento sociale) e i sogni di successo e realizzazione di sé. Anche lui è preda dell'istinto sessuale, non si sa controllare. Non riesce poi a essere fedele a una persona sola, segue il miraggio di un amore con una persona più giovane di lui. Fondamentalmente non riesce a capire se stesso e a capire gli altri. Non sa leggere fra le righe di ciò che gli accade intorno. In fondo la "incomunicabilità" dei film di Antonioni è proprio questo, la scarsa capacità di interessarsi degli altri, di capire, di cogliere le sensazioni, i pensieri e le inquietudini di chi ci circonda. E qui occorre dire che Antonioni ha proprio messo il dito nella piaga: viviamo veramente senza accorgerci di ciò che intimamente accade nella vita di chi ci sta intorno. E' questa la "condanna" del nostro vivere attuale in società.
Nei film di Antonioni non esistono "eroi" o persone perfette, i personaggi vivono in luoghi inospitali in cui vagano estranei e incompresi. Si può solo cercare vie d'uscita, senza la certezza di trovarle.
Tutto questo filtra dalle non-avventure di Lidia e Giovanni, dalla loro notte passata fra gente fatua e vuota. Se non altro, loro si "accorgevano" di tutto questo, noi più neanche questo.