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THE ROAD regia di John Hillcoat

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Invia una mail all'autore del commento pompiere     8 / 10  03/06/2010 18:15:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La scomparsa delle certezze è una delle paure più grandi che contraddistingue la natura umana. Abituati a essere circondati dai fiori, dai cavalli, da una rigenerante vasca da bagno, da una casa sicura, che ne sarebbe di noi se all’improvviso fossimo costretti a vivere sotto un cielo plumbeo, circondati da terreni aridi, senza più animali ne’ vegetazione, alla mercé di temperature fredde, con la neve (o la cenere) depositatasi quasi ovunque?
Gli eventi climatici così mutati, provocano grandi incendi che ardono i percorsi sui quali, a furia di camminare, le scarpe si riducono a brandelli e fanno emergere piedi nudi e malconci.
Padre e figlio vagano disperati e senza meta con un carrello della spesa a fare da improvvisata dispensa. Ma non c’è più niente da comperare, non esistono cibi o carburanti. Ci si muove solo grazie allo sforzo istintivo delle proprie gambe, robot in un fantascientifico paesaggio disabitato.

I protagonisti non hanno più un calendario, vagano nel deserto che la Terra è diventata, l’unico punto di riferimento è la strada, o quel che ne rimane. Prototipo del mondo moderno, il paesaggio che percorrono è desolato, corroso, consumato dall’odio e dall’indifferenza. Il domani che ci attende è a un passo dalla quotidianità.
I sopravvissuti (a una guerra nucleare? a un disastro ecologico? a un maligno virus alieno?) somigliano a mostri: amputati negli arti, sempre sporchi, scoprono che l’unico alimento che li può tenere in vita è altra carne umana, e la ragione che li muove non prevede alcuna pietà. Osceni e inconsapevoli zombie privi di identità, seguono la regola del cane mangia cane e hanno messo da parte qualsiasi idea di solidarietà o di umanità.

“Saremo sempre noi i buoni? E lo saremo sempre, qualsiasi cosa ci capiti?”, domanda il figlio al padre. L’innocenza si è perduta insieme alla morte (?) della madre. Quando non si è mai conosciuto l’amore, non possiamo neppure godere delle dolci melodie di un pianoforte. Alla ricerca di segni di una vita precedente difficile da rievocare, e che forse non è mai esistita.
Sono rimasti solo rimbombi lontani, tuoni, terremoti, e odori marci e insalubri. I bambini privati della loro infanzia, costretti a crescere troppo in fretta perché il mondo gli ha imposto una realtà che non avrebbero mai voluto vedere, sono privi di immaginazione. I loro disegni sono pastrocchi disordinati, caotici e senza senso.

Film ben fatto e crudele che conta su un’abbondanza di fascinazioni letterarie. Dalla fotografia che esautora qualsiasi barlume colorato e resta allo stesso tempo immaginifica e terribilmente reale, al poco spazio concesso alla scienza e alle domande. All’uomo non rimane che affrontare il proprio ineluttabile (e auspicato?) destino.