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LA PERDIZIONE regia di Ken Russell

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dobel     6 / 10  13/09/2009 01:23:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Lo vidi diversi anni fa ma lo ricordo molto bene. Si tratta di un pastiche con musiche di Mahler abbinate ad immagini grottesche ed eccessive. Sicuramente molto dell'essenza della musica mahleriana è stato colto: la sua attualità, la sua carica profetica, il suo spirito umoristico amaro e sardonico. E' un Mahler, quello di Russel, che tiene conto della lezione musicale di Leonard Bernstein nel caricare le tinte in modo provocatorio. La sua infanzia viene visitata come un insieme di frustrazioni che ritroveremo nella poetica del compositore. La sua ambizione viene scambiata per arrivismo, e qualcosa di vero c'è anche se molto in fondo; ma l'essenza del personaggio viene colta? Diciamo che Russel vuole mostrarci un Mahler poco spirituale e poco legato alla cultura mitteleuropea fin de siècle; il suo decadentismo viene scambiato per espressionismo. Per avere un'idea di chi fosse realmente Mahler dobbiamo andare a leggere il saggio scritto dal suo allievo e discepolo Bruno Walter nel 1960 per il centenario della nascita del compositore. Ci troviamo di fronte ad un personaggio terribile, intransigente e spietato sul lavoro; ma anche ad un uomo pieno di dubbi, macerato da un'ansia febbrile di assoluto; di una spiritualità immensa e sempre alla ricerca non solo della perfezione, ma anche della verità. Un personaggio assolutamente demoniaco e posseduto dal 'duende', quasi uscito dalle pagine di Hoffman.
La profondità della sua musica risente certamente di un senso dell'umorismo caustico (basti pensare alla marcia funebre della prima sinfonia: la melodia di Fra' Martino suonata in modo minore a canone), ma è anche intrisa della cultura sinfonica tedesca che và da Hydn a Mozart, da Beethoven a Brahms per approdare a Bruckner, l'autore col quale Mahler ha maggiori affinità nell'utilizzo dei temi popolari.
Tutta questa stratificazione manca in Russel che ci propone un Mahler del quale ricordiamo solo la statura grottesca e beffarda. Il finale poi è un vero atto di tradimento. Mahler deve morire, non ha mai voluto veramente vivere, era assetato di morte e autodistruzione e non di vita, come invece vorrebbe far credere il film.
Un prodotto in fin dei conti discutibile non solo come biografia (cosa che non vuole nemmeno essere probabilmente) ma anche come descrizione dell'essenza del personaggio.
Quello che conosciamo attraverso la pellicola di Russel è solo un aspetto di Mahler, ma non scalfisce neppure lontanamente la grandezza del personaggio.