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LA ZONA MORTA regia di David Cronenberg

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ULTRAVIOLENCE78     8 / 10  16/04/2009 13:17:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La “zona morta” corrisponderebbe a quell’area del cervello umano, deputata –ipoteticamente- alle pre-visualizzazioni, che rimane oscura perché gli eventi che essa non riesce a presentire devono ancora determinarsi; a tale zona si ricollega, dunque, il margine di azione, entro il quale un soggetto “predestinato” può incidere sul decorso degli avvenimenti che ancora devono accadere.
Facendo leva su un “plot” precostituito (l’omonimo romanzo di Stephen King), David Cronenberg, dopo “Scanners”, torna a trattare il tema del potere psichico soffermandosi, questa volta, sulla possibilità, che esso offrirebbe, di vedere indietro nel passato e, soprattutto, di prevedere ciò che ancora deve avvenire. Johnny Smith ha questo dono, anche se per lui si rivela una disgrazia che lo ha privato della serenità di una vita normale: egli, in virtù di tale potere, riesce a scorgere la verità che si nasconde dietro ciò che appare superficialmente, scoprendo una realtà tutt’altro che edificante. A questo punto giunge la domanda di carattere etico: sapendo in anticipo che in futuro ci sarà una catastrofe dalle proporzioni gigantesche, e disponendo della possibilità di scongiurarla attraverso la propria azione, è doveroso immolarsi per evitare la morte ingiusta di una moltitudine di persone? E il proprio sacrificio è dovuto o è anch’esso un’ingiustizia che esorbita da qualsiasi presunto piano divino? In più occasioni si fa riferimento a Dio e alla religiosità, e ogni volta si avverte il malessere del protagonista, il quale sembra sempre apparire estraneo a qualsivoglia fausto progetto del Signore. Di qui l’ulteriore quesito: se esiste un progetto predisposto dall’Alto, è possibile che esso non sia benevolo?
Alle problematiche teologiche si coniugano, altresì, quelle afferenti il rapporto tra due amanti. L’immagine della mancata devozione di Sarah per Johnny, contrapposta all’amore eterno e incrollabile di quest’ultimo per lei, già serba in sé i prodromi dell’analisi della coppia, che avrà largo respiro nel film successivo (“La mosca”), ed allo stesso tempo i germi delle conseguenze drammatiche cui addiverà Cronenberg in “Inseparabili, ove la donna (desiderata) viene vista negativamente come l’elemento di rottura e di squilibrio nella vita dell’uomo.
Alla fine, l’unica consolazione per Johnny proviene dall’amicizia con un ragazzino il cui sguardo, a un tempo innocente e “illuminato”, lo pone sullo stesso piano dell’amico adulto (entrambi si sentono soli ed emarginati) favorendo l’insorgere, tra i due, di una forte empatia: essi si comprendono e si sostengono vicendevolmente, stabilendo così un rapporto stretto, profondo e sincero.
Ce ne è anche per una dura requisitoria contro il Potere politico subdolo, populista e minaccioso, ottimamente incarnato da Martin Sheen, che qui si ritaglia un ruolo piccolo ma tutt’altro che marginale: quello di un uomo ambizioso e senza scrupoli, che presenta diverse analogie (compreso l’epilogo della sua ascesa) con le figure dispotiche di Hitler e Mussolini.
Sotto il profilo stilistico, è il più convenzionale (o solo apparentemente?) dei film della prima fase “cronenberghiana” (che termina con “La mosca”): latitano gli effetti speciali, così come le estremizzazioni di natura fantascientifica e gli sconfinamenti nel “body horror”; ma ciò non toglie fascino ad un’opera che, facendo perno sulla intensa prestazione di Christopher Walken e su uno “script” che offre notevoli spunti di riflessione (trasposti e sviluppati egregiamente), è da annoverare tra quelle più interessanti del regista canadese.