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AMABILI RESTI regia di Peter Jackson

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7 / 10  15/02/2010 22:13:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E adesso, che fare? E adesso, che dire? I sentimenti sono così contrastanti che nonostante vinca un impertinente sorriso, prevale alla distanza un forte/fortissimo senso di estraneità, di irritazione, non dico di indifferenza no, ma l'amaro in bocca per opere come queste, capaci di vette insuperate verso il sublime e al tempo stesso di terrificanti cadute di tono.

Accade a tutti quei film (cito a caso Segreti di famiglia di Coppola, Lo strano caso di Benjamin Button) così potenti nel loro immaginario da rischiare di contenere solo la metà delle loro potenzialità.

Ma cominciamo dall'inizio: se ascolti la voce della protagonista di un film annunciare la propria m(s)orte non puoi restare indifferente. La condizione "umana" dello spettatore sente pesantemente sulla propria pelle la responsabilità di partecipare al tragico evento.
"Amabili resti" ha, sulla carta, tutto quello che può appassionare in un thriller, emozione suspense pathos indiscussa capacità tecnica - sfruttata a volte in maniera egregia, ma molto spesso nel modo peggiore possibile - e talento visionario.
Può bastare?
Troppe volte, traditi dall'ecumenismo di un delitto efferato che indigna profondamente, la tentazione forte è stata di ringraziare Peter Jackson di riconciliarci con il cinema almeno fino al suo prossimo film.
Ma non so bene se siamo dalle parti della pura e cruda poesia, dell'allegoria sulla morte o una celestiale favola moderna, così "cattiva" da infondere quasi tenerezza (una contraddizione e un'opposto che invero si sposano davvero insieme).
Può bastare?
Vittime inermi di un'omicida possono liberarsi in tutta la loro purezza di anime (de)cadute, perchè vanno rimpiante, ma il dolore reprime la rabbia il rancore davanti a questa ignobile scia di sangue
"Amabili resti", prosaico come un film di Jane Champion senza Jane Champion, riesce, soprattutto nella prima parte, a descrivere emozioni complesse con assoluta efficacia: la precaria sicurezza di un'habitat domestico, la blanda quiete di un conglomerato urbano, o il prevedibile, estraniante, senso di vuoto della perdìta, il dolore degli affetti strappati - chi ricorda il bellissimo In the bedroom sullo stesso argomento? - il gioco dei rancori e dei rimorsi. Ripeto, può bastare?
L'idea del teenager movie che sfocia in un cupo horror contemporaneo non è certo nuova nè originale, ma funziona splendidamente.
E poi?
Poi la "mano" visionaria - vorresti sempre fermarla prima che faccia troppi danni - di Jackson sfocia nel buonismo, incapace di connettere efficamente la divisione del male contro il bene (come ai bei tempi di Heavenly Creatures).
E parte un'imbarazzante manifesto new age di ginepri e alberi della vita Magrittiani, di paradisi dove i Puri possono finalmente vivere, attraverso la propria morte, in pace con se stessi e via dicendo.
Non pochi i picchi di un film così straniante, emozionante e irrisolto.
Su tutti, due sequenze diversissime ma emblematiche: la tensione di una visita privata nella dimora del "mostro" ad opera della sorella di Susie, o la meraviglia visiva di un padre che distrugge simbolicamente tutte le sue navi in bottiglia (il sogno infranto di una vita), mentre vagano schegge impazzite di vetro nel mondo "altro" che non conosciamo.
Può bastare?
La notevole prova di Stanley Tucci, prevedibile ma straordinario monster della porta accanto, il perfetto fatalismo di Susan Sarandon, amabile ed eccentrica "nonna" poco tradizionale
E ancora?
Ancora molto poco, direi. Ci si immerge tra cieli di plastica e caldi abbracci che fan tanto "Al di là della vita", in immagini deja vu che vorrebbero essere intense e sono solo ridicole, fino alla clamorosa caduta della ragazza-medium (personaggio incantevole sfruttato malissimo, e solo per un paio di scene) che prende il volto della protagonista.
Vi basta? Mmh diciamo che non sentivo alcuna necessità di un remake di Ghosts, neanche adesso che Patrick Swayze -guardacaso - non è più di questo mondo.
Poteva, doveva essere il capolavoro di Jackson, autore dalle suggestioni senza freni (senza freni appunto) invece qualcosa anzi molto di più non ha funzionato.
Ma volendo metterci dentro anche tutto il mio disprezzo per chi pretende citare David Lynch senza averne compreso pienamente la sua infallibilie crudeltà - beata crudeltà - il mio giudizio deve tenere conto della forte tensione emotiva che mi ha accompagnato fino alla fine di questo film.
Perchè alla fine, anche davanti a quei miraggi di una vita/morte migliore puramente kitsch, un senso di impotente vendetta mi ha catturato e non mi lascerà per molto tempo. Perchè esistono individui del genere vs. il personaggio di Tucci - e temo dovremmo ricordarcene.
Quindi, al di là del singolo film, io ringrazio Jackson di averlo fatto, anche se a modo suo.
Anche se NON PUO' bastare