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LEBANON regia di Samuel Maoz

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Crimson     8 / 10  20/09/2009 02:04:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film bellico che comunica soprattutto attraverso le immagini e i suoni. Azione ridotta all'osso, ambientazione claustrofobica esclusivamente all'interno di un cingolato. Inscenato nella Guerra del Libano (1982), è ascrivibile a qualsiasi tipo di conflitto. Girato molto bene, annovera interpretazioni di spessore.
La tensione è costante e la parte finale palpitante.
Ciò che distingue questo film non è solo la singolare location, ma la sua intensità. Viviamo la guerra sulla nostra pelle, avvertiamo polvere e sudore. Il respiro affannoso dei protagonisti, i loro volti sconvolti, ci trafiggono e lasciano una traccia.
Quel che accade fuori è di poco conto, una missione come le altre, nulla ha una consistenza paragonabile ai vissuti di quattro uomini (più il siriano) stipati (o meglio, intrappolati) nella pancia di un carro armato. Per tutto il film essi non escono, dormono pochissimo (o addirittura per nulla), espletano i loro bisogni in contenitori di latta e si muovono, per quel poco che possono, in una pozza sempre più lercia. Il mondo esterno è visto freneticamente con una lente il cui ogni minimo dettaglio colto ci giunge come se quella fosse anche la nostra prospettiva. Le 'visite' che ricevono sono di un comandante che si dà arie del "fin troppo convinto" ma che si mostra impaurito come gli altri, quando immaginando di non essere ascoltato si scioglie nel richiedere ciò che in un'altra situazione era stato additato come "domanda idiota". Si sfocia nella prima e unica volta nel clichè, forse, nella fantomatica telefonata che giungerà alla madre di Yigal, ma è un particolare che in ogni caso richiama ad una dimensione umana, di cui in fondo sentivamo bisogno.
In condizioni proibitive solidarietà, amicizia, condivisione, coscienza collettiva di una generazione inesperta (a partire da Assi), mandata allo sbaraglio, emerge in tutta la sua intima verità. E così anche quel racconto così apparentemente insignificante su una insegnante prosperosa e il sollievo (materno?) che comporta è una nota di tutto rispetto sul mondo inconscio. Il racconto della morte del padre di Shmulik è l'unico momento di spiraglio dell'intero film, una sorta di "social dreaming" in veglia. E mi chiedo cosa avrebbero potuto sognare i nostri quattro eroi, se solo avessero potuto raggiungere la fase REM nei loro sonni brevi e tormentati..
In conclusione, Leone d'oro che non fa una grinza, ed è bello associarlo all'altrettanto splendido 'Women without men': benchè i due film in questione siano profondamente diversi, adoro sia lo stile freddo e duro del primo che quello poetico e onirico del secondo, per cui non mi faccio troppi crucci e comincio a conservarli stretti dentro di me senza chiedermi quale sia migliore.