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IL COLORE VIOLA regia di Steven Spielberg

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Spotify     8 / 10  22/05/2017 02:34:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Il Colore Viola" è forse uno dei film meno ricordati di Spielberg. Diciamo che, quando si pensa al grande Steven, le pellicole che saltano subito alla testa, sono "Schindler's List", la saga di "Indiana Jones", "Incontri ravvicinati del terzo tipo" e così via. Magari i cultori veri e propri del regista citeranno anche "Il Colore Viola", ma, ripeto, secondo me, non è stata una di quelle opere "spielberghiane" che è entrata nell'immaginario collettivo. Chissà, magari perché il director, fino al 1985, aveva abituato la gente con un cinema più spettacolare, pieno di effetti speciali, sequenze mozzafiato e personaggi eroici.
Questo è probabilmente il primo lungometraggio del regista con profondi risvolti sociali, con delle teorie sociologiche ed antropologiche ben precise. E' anche il primo lavoro del maestro che presenta una certa linearità, una notevole pacatezza narrativa. Dopo aver passato anni a girare film prevalentemente d'azione e fantascienza, il cineasta di Cincinnati realizza una pellicola introspettiva, delicata e dai forti caratteri drammatici.
La trama si sviluppa negli USA meridionali, durante i primi del novecento, e va estendendosi fino agli anni 30. La protagonista è Celie, una giovanissima ragazza di colore che è spesso vittima degli abusi del padre. Infatti, attraverso i ripetutiti stupri, Celie ha dato alla luce due figli, i quali però le sono stati sottratti dallo stesso genitore e venduti a chi ne aveva bisogno. In compenso però, la giovane ha uno splendido rapporto con la sorella Nettie. Un giorno, un uomo del posto, Albert Johnson, rimasto vedovo, chiede al padre delle sorelle, la mano di Nettie. Questa però è troppo giovane, e così, il padre propone Celie ad Albert. Quest'ultimo accetta e così, Celie si ritrova ad essere la moglie, o meglio, la prigioniera di un uomo senza alcun rispetto per il sesso femminile, un crudele schiavista. Oltretutto la ragazza ha perso ogni contatto con l'amata sorella e spera ogni giorno che arrivino lettere da parte sua. Col passare degli anni, la donna ormai è abituata, oltre che succube, agli ordini del marito. Una sera però, giunge in casa Johnson una vecchia amante di Albert, Shug Avery. Dapprima lei disprezza totalmente Celie, però poi, col passare del tempo, tra le due donne nasce un legame d'affetto e ciò sarà lo stimolo per Celie a riprendere in mano la propria vita, quindi sbarazzarsi del marito e cercare di mettersi in contatto con Nettie a tutti i costi.
Spielberg quindi, al suo primo film che tratta argomenti ben più seri e reali, fa centro. Magari all'epoca, questa pellicola potrebbe aver suscitato un po' di smarrimento tra il pubblico, il quale ormai associava il nome Spielberg alle megaproduzioni hollywoodiane, piene di effetti speciali e creature d'ogni genere. Può essere anche questo il motivo per cui la pellicola in questione, non sia tra le più ricordate del director.
Le mie comunque, sono solo ipotesi, fondate, ma sempre ipotesi restano.
Il film in se è un riuscitissimo lungometraggio che offre allo spettatore tante visioni degli USA meridionali dei primi del novecento. La pellicola ha per protagonisti gente di colore, ma non è il razzismo il tema principale, no, sarebbe stato troppo scontato per un regista del calibro del leggendario Steven. La tematica sulla quale il director si concentra di più, è la figura della donna afroamericana durante i primi decenni del 20°secolo. Il regista presenta una visone a 360 gradi dell'argomento, sviscerandolo e mischiandolo con tanti altri concetti. Spielberg ha messo tanta carne al fuoco, ha voluto esporre moltissimi assunti in sole 2 ore e mezza, e il risultato finale è stato più che soddisfacente. Ma andiamo con ordine.
Il regista, attraverso il soggetto di Celie, ci fa capire quanto fosse difficile la vita per le donne nere a quei tempi. Già per le donne bianche, la vita era complicata, visto che non avevano diritto su niente, ma almeno, il colore della pelle, era quello "giusto". Invece, come detto, era tutt'altra storia per le nere. In famiglia, erano trattate, ed erano considerate, come delle schiave, da qualsiasi familiare, specie se maschio. Poi, quando le ragazze raggiungevano un'età di soli 14/15 anni, venivano date al primo uomo di colore che capitava. Alle giovani non era permesso di esprimere il proprio parere, dovevano sottostare e basta. E quando una di loro cominciava la vita insieme al marito, questi non perdeva occasione per umiliarla, per schiavizzarla e per usarla come una specie di giocattolo sessuale.
Insomma, Spielberg ci offre uno spaccato molto crudo degli Stati Uniti delle prime decadi del novecento. Si noti anche, e questo il regista lo mette in mostra più di una volta, che si trattava di zone molto modeste, con uno stile di vita duro e faticoso. E questo fatto non faceva altro che aumentare episodi di schiavitù e violenza, i quali, si susseguivano sempre con maggior costanza.
Altro tema che si collega a quello centrale, è senza dubbio quello del padre-padrone. L'uomo è colui che decide tutto quanto, che da ordini alla moglie, la picchia, la usa a proprio piacimento.
Il razzismo non è tra gli argomenti primari, ci sono solo degli accenni, peraltro retorici. Ma quest'ultima cosa penso sia stato proprio un volere dello stesso Spielberg. Magari un episodio che può essere associato alla discriminazione razziale è quello che ha per protagoniste Miss Millie e Sofia, con la prima (bianca) che usa la seconda (nera) come una specie di serva. Però il regista non va oltre questo.
Tutte queste tematiche sono riportate e rappresentate in maniera magistrale dal director. Spielberg ci mostra nei minimi dettagli ogni suo pensiero, senza tralasciare la minima minuziosità. E tutto questo avviene anche grazie ad una splendida direzione degli attori.
Ognuno è totalmente immerso nel proprio ruolo, Spielberg cerca di rendere ciascuno più veritiero possibile e ci riesce perfettamente. I protagonisti sono tutti descritti in maniera meticolosa, tutti hanno moltissimo spazio, tant'è che, a tratti, pare che la pellicola non abbia un personaggio dominante. Ogni soggetto ha una personalità, un'identità ben delineata, specialmente Celie e Sofia, due protagoniste che ipnotizzano lo spettatore grazie alla loro immensa forza di volontà e al loro carattere arcigno.
La narrazione è solida, non è segnata da grandi stravolgimenti, ma Spielberg è bravo a tenere alto il tiro per tutti i 150 minuti, anche perché la sceneggiatura, al contrario della regia, soffre di qualche punto morto. Ci sono parecchi momenti di grande enfasi, come ad esempio:


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Altre situazioni invece sono totalmente imprevedibili.
Non ci sono scene strappalacrime, e qui il regista ha dimostrato una grande maturità, in quanto non scade nei soliti cliché del genere. Sono presenti invece alcune sequenze girate in maniera superba, come ad esempio quella di Shug che canta davanti a Celie, oppure quella dove la stessa Celie, durante il pranzo, riesce a scappare via da Albert.
Non mancano neanche uno-due di momenti di tensione:


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Il finale è stupendo. Ecco, qui si raggiunge senza dubbio il momento più toccante della pellicola. E' incredibilmente poetico. Converge tutto: le luci, l'ambientazione, i personaggi. Ogni cosa si unisce in una sola grande immagine che traspare pace e amore. Assolutamente magnifico.
Il cast è di autentici fenomeni. Non c'è un attore che recita sottotono, tutti fanno una performance strabiliante. Abbiamo una magistrale Whoopi Goldberg, attrice che, prima di visionare "Il colore viola", non conoscevo affatto. Un'interpretazione fantastica, l'interprete mette tutta se stessa per rappresentare al meglio i supplizi di una ragazza afroamericana degli USA dell'epoca. Si vede tutta la grinta, il carisma e anche una certa dose di sofferenza che l'interprete tira fuori per rendere il personaggio di Celie più realistico possibile. Poi si approccia benissimo nell'essere la moglie di Danny Glover. Mostra grande spontaneità nel sottomettersi alle continue umiliazioni dell'uomo. Le espressioni sono uniche, gli occhi dell'attrice trapelano infelicità e dolore. L'esplicazione dei dialoghi è impeccabile.
Altra interpretazione coi fiocchi, è quella di Oprah Winfrey nel ruolo di Sofia. L'attrice dimostra una forza ed una carica fuori dal comune. Si resta colpiti dalla determinazione della donna, che, diciamo, incarna un po' il modello della moglie sergente, quella che maltratta e non ha alcuna comprensione per il marito. Poi la Winfrey da prova di una versatilità esemplare: passa, durante il corso del film, dalla donna sicura di se e determinata che era, all'essere totalmente e perennemente ingrigita, mogia e triste, a causa di avvenimenti spiacevoli che le accadono. Straordinaria. Espressioni d'alta scuola ed esplicazione dei dialoghi superba.
Bravi anche Danny Glover e Margeret Avery, convincenti.
La fotografia è una goduria per gli occhi. Ci sono dei colori accesissimi, attraverso i quali, si riesce ad evocare l'atmosfera dei primi decenni del novecento. Certe sequenze poi, sono caratterizzate in maniera unica.
La scenografia funge da perfetto sfondo. E' prettamente campagnola, ma adatta per i temi che il regista voleva esporre. Una location che solidifica questo clima delle prime decadi del secolo scorso e che trasmette pace e tranquillità, nonostante, la storia sia tutt'altro.
Meravigliosa la colonna sonora, una vera "poesia musicale". Incarna lo spirito della pellicola.
La sceneggiatura è di ferro. Presenta uno sviluppo temporale della storia perfetto. E' si, lineare, ma al contempo, non manca di articolazioni. Menno Meyjes lega in maniera sublime le diverse vicende dei rispettivi personaggi, fino a congiungere il tutto in un quadro finale chiaro e senza sbavature. Stesura dei personaggi sontuosa, ognuno tratteggiato benissimo. L'epilogo è, forse un po' scontato, però è talmente scritto bene ed è così poetico, che si può tranquillamente passare sopra al piccolo difetto.
Come ho accennato prima, una delle pochissime note stonate, è qualche passaggio lento dello screenplay.

Conclusione: una grande opera di Spielberg. Ogni tanto un tantino macchinoso, però si tratta di un film dalla sconvolgente forza visiva e segnato da performance recitative strepitose. Non è un capolavoro, però è un gioiellino che va assolutamente riscoperto. L'8 se lo merita tutto.