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GOSFORD PARK regia di Robert Altman

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elio91     8½ / 10  29/09/2013 12:27:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sorprendente. Conosco abbastanza Altman da non sorprendermi, ma Fellowes (lo sceneggiatore) pensavo fosse uno capace di scrivere (bene) lunghe soap opera appassionato come Downton Abbey. Downton Abbey che, per inciso, nasceva da una costola di Gosford Park, inizialmente doveva esserne uno spin-off e anche se poi la serie tv britannica ha mantenuto una sua autonomia le infuenze del film del 2002 si sentono eccome (un nome nel cast su tutti, la gigantesca Maggie Smith). Le differenze di classe tra upstairs e downstairs (nobili e servi) si mantiene, ma direi che le analogie finiscono qui.
Downton Abbey è una gustosa visione che ammicca soprattutto al pubblico del gentil sesso, molto tendente al colpo di scena esagerato, agli affari di cuore "ti prendo ti lascio ti riprendo", con una nota di colore nel cast e nelle recitazioni di alto livello e nella scrittura veloce e, per quanto spesso prevedibile, con una certa raffinatezza.

Gosford Park è il lato oscuro di Downton Abbey, o dovrei dire realistico. Fellowes intinge la sua penna nel vetriolo e spande ironia e cinismo sul racconto, nonché una certa dose di crudeltà. I nobili e i camerieri, salvo "nobili" eccezioni, sono personaggi complessi, sono tanti, e spesso sono pettegoli, disaffezionati, insensibili e egoisti. I vizi ritratti sono soprattutto quelli dei ricchi ma anche i domestici non sono la virtù incarnata. Ed è evidente che il lavoro di Fellowes e Altman è quello di fare un trattato quasi sociologico della classe britannica dell'epoca, non poi cosi lontana dalla nostra.
Il problema è: come portare avanti una non storia, un eterno divagare nella mondanità e nei chiacchiericci spesso poco interessanti se non ti chiami Fellini? Facile, basta essere Altman e basta stuzzicare quel tanto che basta lo spettatore con la promessa di un omicidio e del classico giallo inglese con, addirittura, ispettore con pipa al seguito. Altman, da maestro qual'è, gioca col genere fino a quando gli fa comodo, lo ridicolizza anche, poi lo riprende in mano nel finale e getta nuova luce su quanto si è visto con la chiusura con colpi di scena a ripetizione del tutto coerenti con la trama vista fino a quel punto. Nel mentre, gira senza fermarsi tra piani bassi e alti, tra ventisei personaggi (!!!) e nessun vero protagonista, distendendo con eleganza e una grande maestria la sceneggiatura che pure, articolata com'è, non è una passeggiata e non si riduce alla semplice descrizione d'ambiente documentaristica. Per Altman destreggiarsi tra miriadi di personalità tutte ben caratterizzate, le quali potrebbero benissimo portarsi il film sulle spalle da sole, è un'abitudine consolidata e qui ne fa sfoggio con la consuetudine di sparire dietro la macchina da presa e di osservare con curiosità l'alternarsi di voci e storie.
Supportato poi da un cast eccezionale. Insomma, un film di altissima fattura sotto tutti i punti di vista, che forse potrà in parte frustrare uno spettatore più convenzionale anche se lo lascerà in parte appagato il giallo. Per i restanti, c'è solo da godersela.