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L'UOMO NELL'OMBRA regia di Roman Polanski

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  10/04/2010 23:36:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"E' questo che fa vendere una biografia, il cuore" dicono all'inizio del film. E proprio di "cuore" il cinema di Polansky aveva un dannato bisogno, dopo alcune prove francamente più corrette che funzionali (anche il taglio spielberghiano dell'osannato Il pianista non mi aveva convinto del tutto).
Detto questo, sono profondamente convinto che "L'uomo nell'ombra" sia un ottimo thriller politico, con uno script robusto che magari in mano di altri avrebbe potuto cadere nella banalità. La prima parte, quasi kafkiana, è assolutamente perfetta. Sembra di calarsi nell'ingombrante monolitismo di un certo Stanley Kubrick (a me è venuta in mente un'allucinata deviazione tra Il dottor stranamore e Eyes wide shut), almeno quanto il ghost writer McGregor sembra reprimere il suo dilemma tra l'esperienza della verità e supportare una tediosa, falsa e edulcorata biografia da best-sellers.
E' anche vero che i confini tra bene e male, tra la via del tradimento e l'omertà, insomma i sacrosanti tormenti del protagonista non sono abbastanza forti, e per questa ragione lo spettatore rincorre continuamente un personaggio (il ghost writer) la cui ambiguità morale e caratteriale provoca qualche segno di irritazione.
Mi sono a lungo chiesto come possa passare costui da un'ingenuità tipica dello sprovveduto a una dilagante scaltrezza, e credo sia utile seguirlo anche nelle sue (eloquenti) debolezze.
Tuttavia, ciò che sorprende è la capacità di Polansky di attivare un efficace microcosmo di genere (citando tra gli altri Hitchcock) sfruttando abilmente un tema ampiamente sfruttato, capace di arricchirlo con una serie memorabili di ambientazioni inedite (la stessa America piovosa e solitaria dei grandi misteri celati).
Sorprendente, nella sua proverbiale odiosità, è proprio il personaggio di Brosnan (non so quanto rilevato dalle scelte politiche e arriviste di un Tony Blair), inerme miraggio (presenza) della sua ambizione sfrenata.
Un film tutto sommato coerente con le ossessioni di Polansky (da antologia la sequenza sul ferry-boat) e splendidamente girato. Forse non risolve completamente le sue (volontarie?) dissonanze (spoiler) ma resta una grande prova di regia di un'autore che continua, nonostante le sue vicissitudini private, a realizzare la sua personalissima visione di cinema classico.

Ah dimenticavo: l'isola del Massachussets dove si esilia il politico è in realtà una zona imprecisata della Germania

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