kowalsky 7½ / 10 15/03/2010 23:23:28 » Rispondi Forse ha ragione il critico Lee Marshall a sottolineare lo strano "anacronismo" di questo script rispetto ad altre realtà occidentali, ma siamo nell'Italietta parrocchiale dove per fare una brutta fiction sulle lesbiche su Rai 1 è necessario fare penitenza in Vaticano o rimodellare il confine (labile) tra predisposizione e peccato. Non è un caso che Ozpetek, dopo il (quasi) insopportabile "Un giorno perfetto" sia tornato ai temi che gli sono più congeniali, ma stavolta la sceneggiatura non fa una grinza, il senso della misura è quasi perfetto, i dialoghi ("se uno fa sempre quello che gli chiedono gli altri non vale la pena di vivere") efficaci e nell'insieme funziona almeno quanto l'ultimo, sorprendente film di Virzì. La commedia all'italiana torna a recuperare il giusto credito? Si direbbe di sì. Frenato dai suoi istinti pretenziosi (l'irritante teologismo sociale di "Cuore sacro") il regista ha finalmente potenziato le sue qualità senza per questo rinunciare al suo stile corale ormai riconoscibile. Qualcuno ha giustamente sottolineato quanto questo queer movie (se vogliamo affibbiargli un'etichetta disconosciuta dalla volontà popolare) sia decisamente conservatore nello spirito e nella sua vocazione laico-umana. Vero, ma per una volta non è così conciliatorio, anzi. L'espressione reale dei sentimenti arriva a compromettere anche la figura del padre, e la sua salvezza esistenziale (non come metafora ma quasi), perchè a tutto c'è un limite, e la famiglia non vale comunque la rinuncia alla felicità. Non è vero che il mondo gayo di Ozpetek è sopra le righe, eccessivo e spumeggiante: questa vitalità contrasta col raggio d'azione limitato di un meccanismo familiare che mostra davvero tante crepe (dal padre con le prostitute alla sorella sessualmente assatanata) e che, smussato dalla contagiosa vitalità del soggetto, farebbe pensare al primo Bellocchio. Ciò che ho trovato sopra le righe, ridondante e piagnone è stata proprio la figura del padre, vs. l'interpretazione di Ennio Fantastichini. Se c'è un personaggio che risulta eccessivo nel suo proverbiale (ma in fondo illogico e poco motivato) orgoglio ferito è proprio il capofamiglia. Scamarcio gioca bene le sue carte, di sottrazione, a parte quando la sua natura si ribella a tanta finzione, mentre le prove migliore sono quelle delle attrici comprimarie. La Lunetta tratteggia una figura materna insopportabile (in quanto ad antipatia anche superiore al beffardo consorte) e la Occhini, gli occhi più belli del cinema italiano insieme a Virna Lisi, è splendida nel ruolo della nonna. A dire il vero perno della vicenda e vera protagonista (fin dai flashback sui suo tormentato amor fou) su cui ruotano le complesse vicende della famiglia. Se qualche errore di forma è stato commesso, mi sembra facile tratteggiare il sud con il consueto clichè della chiusura mentale o dai solìdi prìncipi tradizionali, e non solo per il fatto che si "colpisce" una cittadina deliziosa come Lecce ma perchè il "nord italia aperto e liberale" è ormai diventato un'autentica illusione. Credo che parlare di omosessualità in qualsiasi provincia italiana che vive di pregiudizi e di rituali consolidati sia ancora un problema vigente, al sud come al nord. Senza per questo decontestualizzare anche le città: per esperienza personale, posso citare qualche caso di amici che - non volendo riconoscere la mia scelta - mi chiedono ancora com'è possibile che non abbia trovato una moglie
A parte tutto, il film è sincero quanto basta, e bisogna riconoscere a Ozpetek la capacità indiscussa di aver affrontato questi temi senza l'ipocrisia imperante e sottilmente morbosa di altri autori italiani. Notevole l'epilogo finale, che, citando La finestra di fronte pone Ilaria Occhini davanti all'unica possibilità fatale di ritrovare la propria libertà: immagine a camera fissa, quasi una prospettiva tardo-felliniana. O il corteo funebre che forse cita (o forse no) "Funeralino" dall'"Oro di Napoli". E magari i detrattori diranno che Ozpetek gira fiction ma nessuna fiction ha osato qualcosa del genere. E poi d'accordo, un omosessuale (terminologia errata e francamente fastidiosa nella sua spocchiosa verbosità verbale) sa ritrovarsi, per poi perdersi, davanti ai cancelli chiusi/aperti del suo sentimento (il bacio tra due uomini come condivisione reale è meno "oltraggioso" del suo immaginario omofobo). In questo senso si può dire tutto, o il contrario
LukeMC67 16/03/2010 00:57:23 » Rispondi Altra piccola osservazione: non mi pare che Ozpetek abbia voluto assecondare il clichè di un sud retrogrado rispetto a un (inesistente) nord "aperto e liberale". A me è sembrato che Lecce fosse il pretesto per indicare una qualunque provincia italiana. Che può essere benissimo anche un quartiere di una grande città.
kowalsky 16/03/2010 05:46:39 » Rispondi Credo anch'io sia così ma penso che lo spettatore possa vederla in maniera diversa ed era giusto sottolinearlo.
arturo 16/03/2010 11:55:20 » Rispondi si può dire tutto, o il contrario, ma non si può dire "epilogo finale": è una ridondanza.
kowalsky 16/03/2010 13:41:45 » Rispondi Proprio vero, non ci ho fatto caso
albatros70 18/03/2010 00:32:17 » Rispondi Commento perfetto ed impeccabile, come al solito del resto! Un saluto tutto salentino....
max67 02/04/2010 16:31:43 » Rispondi BELLISSIMO COMMENTOIL TUO NIENTE DA DIRE , PERO' IL FILM A ME' NON HA CONVINTO FINO IN FONDO , SE E' UNA COMMEDIA POTEVA ESSERE FATTO MEGLIO SI RIDE SEMPRE CON LE STESSE SCENE DEGLI AMICI GAY E IL FINALE LASCIA UN PO' COSI , SE INVECE VOLEVA ESSERE ANCHE UN FILM DI DENUNCIA SULL'INTOLLERANZA ALLORA MANCA QUALCOSA , IL RAPPORTO CON IL PADRE E LA FAMIGLIA DEI FRATELLI VOLEVA APPROFONDITO SOPRATTUTTO IL PERSONAGGIO DI PREZIOSI E' TROPPO DEFILATO, IN PIU' LA FINE CON LA SCENA DEL BALLO NON CONVINCE FINO IN FONDO . SECONDO ME' NON VALE + DI 6 1/2 CIAO
LukeMC67 16/03/2010 00:50:11 » Rispondi Caro Luca (mi pare di ricordare che siamo omonimi, correggimi se sbaglio!), il tuo commento è davvero notevole e in grandissima parte lo condivido. Mi permetto due sole osservazioni: 1) Il commento di Lee Marshall dimostra molta ignoranza di fatti italiani: questo è un Paese che ha SCELTO da diversi anni di guardarsi indietro con occhi onirici per fuggire dalla realtà. In pratica, siamo in una società drogata che non sa guardarsi (e ancor meno rappresentarsi) con in mente sempre lo spot di turno del Mulino Bianco. E' chiaro che in un contesto del genere ogni cosa che rievochi solidità pseudotradizionali e pseudoidentitarie abbia scontato successo. Anche se poi viene puntualmente smentita dalla realtà dei fatti! Insomma, da noi prevale decisamente il "dover essere" sull'"essere" (è il tema di questo film, se ci pensi bene). 2) Ma, secondo te, si può "scegliere" di essere omo, bi o eterosessuali?!? Non sono forse pulsioni, sensazioni, sentimenti che vengono spontaneamente e che uno si ritrova come il colore degli occhi o dei capelli? E che possono cambiare esattamente come una qualunque caratteristica del proprio essere? Io l'ho sempre vissuta così, non ho mai "scelto" un bel nulla! E forse è meglio così, chissà che esistenza avrei condotto se non fossi come sono! :))
kowalsky 15/03/2010 23:25:27 » Rispondi La Savino ok non ricordavo il cognome
anthony 16/03/2010 00:23:29 » Rispondi Complimenti per il commento..davvero ben scritto!